Le Slides e la Dispensa
PERCHE' QUESTO CORSO ?
Perchè Benedetto XVI dava così fastidio ?
Risponde Don
Agostino Tisselli -
Tratto da «Il magistero di Benedetto XVI»
2013
INTRODUZIONE
“Il cedimento morale di
tanti cristiani, anzi la crisi stessa della Chiesa e delle Istituzioni hanno
una causa: l’indebolimento della fede. È impossibile vivere la morale cattolica
se non si è più che convinti, e fino in fondo, che Gesù Cristo è il Figlio di
Dio e che nel Vangelo è contenuto il progetto divino per l’uomo” (Joseph Ratzinger).
Questo Corso di
Filosofia
è una iniezione di
speranza ed un antidoto al dissolvimento in atto della cultura occidentale nata
in Europa e dall’Europa di oggi tradita. Il corso è un itinerario in quattro tappe, ognuna delle
quali prevede da otto a dodici conferenze pubbliche, per conoscere e capire
l’intera storia del pensiero filosofico occidentale. Attraverso una metodologia
accattivante e con l’ampio ricorso a materiale multimediale esplicativo, per
venire incontro in particolar modo a chi non si è mai cimentato con la
Filosofia. Vengono riproposte le riflessioni e l’impianto teoretico dei
principali filosofi che hanno contribuito alla nascita e allo sviluppo della
cultura occidentale. Una panoramica completa, a carattere divulgativo ma non
superficiale, destinata a tutti coloro che per responsabilità di educatori o
genitori o per semplice curiosità hanno il desiderio di orientarsi in modo
consapevole e completo nel vasto scenario del pensiero filosofico. Le varie
conferenze, della durata di circa un’ora l’una, rappresentano un’occasione
unica per accostarsi in modo piacevole e competente alle idee su cui si fondano
la società, la cultura, la religione, la storia e l’identità del mondo
occidentale, specialmente in questo momento così difficile di incontro scontro
e fusione con altre culture. In questa prima tappa, dal significativo titolo
“Il genio dei Greci”, vengono affrontati gli albori e i primi sviluppi del
pensiero filosofico: dai primi pensatori, interessati all’indagine intorno ai
principi della “natura”, fino alla grande sintesi del pensiero platonico e
aristotelico.
Questa iniziativa è stata ispirata dall’impegno pastorale di Benedetto
XVI per un recupero della cultura cattolica e delle Radici cristiane
dell’Europa. Non a caso in questo difficilissimo periodo storico è salito al
soglio pontificio papa Ratzinger, il più importante Filosofo e Teologo dell’età
contemporanea.
“Il Cristianesimo ha profondamente modellato questo
continente: l’Europa non può e non deve rinnegare le sue Radici Cristiane”
(Benedetto XVI)
"È
urgente che sorga una nuova generazione di Apostoli radicati nella Parola di
Cristo, capaci di rispondere alle sfide del nostro tempo e pronti a diffondere
dappertutto il Vangelo" (Benedetto XVI)
IL PIANO COMPLETO
DELL’OPERA IN 4 TAPPE
1.
la filosofia greca ”Il Genio dei
Greci” (8 lezioni)
2. la
filosofia medioevale “La luce del Medioevo” (8 lezioni)
3. la
filosofia moderna “La Rivoluzione Moderna” (10 lezioni)
4. la
filosofia contemporanea “L’eclissi del pensiero” (12 lezioni)
Come nascono queste dispense
Gianfausto Fabbrucci – gianfaustofabbrucci@tiscali.it
(autore delle dispense e produttore dell’edizione Multimediale a cui
chiedere gratuitamente copia delle singole lezioni in ppt e relative dispense
in pdf per uno studio individuale o da videoproiettare in parrocchia o in Associazione).
Prefazione
L’ispirazione di questo corso è nata
dall’enciclica di San Giovanni Paolo II “Fides et Ratio”, data a
Roma, presso San Pietro, il 14 settembre, festa della Esaltazione della Santa
Croce, dell'anno 1998.
E’ Dio ad aver posto nel cuore dell'uomo il desiderio di
conoscere la verità e, in definitiva, di conoscere Lui perché, conoscendolo e
amandolo, possa giungere anche alla piena verità su se stesso (cfr Es 33,
18; Sal 27 [26], 8-9; 63 [62], 2-3; Gv 14,
8; 1 Gv 3, 2).
INTRODUZIONE « CONOSCI TE STESSO »
1. Sia in Oriente che in Occidente, è possibile ravvisare un
cammino che, nel corso dei secoli, ha portato l'umanità a incontrarsi
progressivamente con la verità e a confrontarsi con essa. È un cammino che s'è svolto
— né poteva essere altrimenti — entro l'orizzonte dell'autocoscienza personale:
più l'uomo conosce la realtà e il mondo e più conosce se stesso nella sua
unicità, mentre gli diventa sempre più impellente la domanda sul senso delle
cose e della sua stessa esistenza.
Quanto viene a porsi come oggetto della nostra conoscenza
diventa per ciò stesso parte della nostra vita. Il monito Conosci te
stesso era scolpito sull'architrave del tempio di Delfi, a
testimonianza di una verità basilare che deve essere assunta come regola minima
da ogni uomo desideroso di distinguersi, in mezzo a tutto il creato,
qualificandosi come « uomo » appunto in quanto « conoscitore di se stesso ».
Un semplice sguardo alla storia antica, d'altronde, mostra con
chiarezza come in diverse parti della terra, segnate da culture differenti,
sorgano nello stesso tempo le domande di fondo che caratterizzano il percorso
dell'esistenza umana: chi sono? da dove vengo e dove vado? perché la
presenza del male? cosa ci sarà dopo questa vita? Questi interrogativi
sono presenti negli scritti sacri di Israele, ma compaiono anche nei Veda non
meno che negli Avesta; li troviamo negli scritti di Confucio e Lao-Tze come
pure nella predicazione dei Tirthankara e di Buddha; sono ancora essi ad
affiorare nei poemi di Omero e nelle tragedie di Euripide e Sofocle come pure
nei trattati filosofici di Platone ed Aristotele. Sono domande che hanno la
loro comune scaturigine nella richiesta di senso che da sempre urge nel cuore
dell'uomo: dalla risposta a tali domande, infatti, dipende l'orientamento da
imprimere all'esistenza.
Risposta del cristianesimo: Essere
cristiani significa essenzialmente il passaggio dall’essere per se stessi
all’essere gli uni per gli altri.
La decisione
cristiana fondamentale, l’accettazione dell’essere cristiani, significa il
distacco dall’essere centrati sull’ “io” e l’aggancio all’esistenza di Gesù
Cristo, che è rivolta al tutto.
Tratto
da Joseph Ratzinger, Introduzione al cristianesimo. Lezioni sul simbolo
apostolico. Queriniana, Brescia 2007.
LE BASI
DEL PENSIERO GRECO
La nascita della filosofia in Grecia è uno degli eventi più decisivi
nella storia dell’uomo.
Si può dire addirittura che sia il più decisivo e sta alla base dell’intero
sviluppo della civiltà occidentale e della sua storia. Le forme di questa
civiltà hanno dominato su tutta la terra e hanno determinano anche la nostra
esistenza individuale.
La
filosofia greca apre lo spazio in cui vengono a muoversi le istituzioni
sociali, le élite come le masse, l’arte, la scienza, la religione, l’educazione
e il linguaggio con cui la civiltà occidentale esprime il mondo e si confronta
con le altre culture.
In
questa attuale esperienza di nuove migrazioni di massa il confronto con altre
culture è determinante per un dialogo che eviti conflitti e incomprensioni, ma
questo è solo possibile se noi conosciamo bene la nostra cultura, cosa che al
momento risulta compromessa dall’abbandono esteso dei nostri valori, cioè di
cosa potremmo offrire ai nuovi ospiti e di come potremmo arricchirci di valori
che loro potrebbero portarci.
Ricominciamo
quindi daccapo a studiare sul serio la nostra cultura e la nostra storia per
non rimanere vittime di “venti di dottrina”, che come afferma il Papa emerito
Benedetto XVI , nascono da ogni dove per confondere l’uomo e allontanarlo dalla
Verità.
LA FILOSOFIA NASCE IN GRECIA
La
Filosofia nasce in Grecia circa 2.500 anni fa da un bisogno di alcuni pensatori
di conoscere la Verità delle cose e dell’uomo, cioè da un bisogno nuovo di
conoscere il mondo usando la ragione, cercando con essa l’origine delle cose.
La particolare importanza geografica e
commerciale della città di Mileto nello Ionio, cerniera fra Oriente e
Occidente, incrocio di culture e di religioni permise ai suoi abitanti di
conoscere la cultura astronomica babilonese e la matematica e la geometria
degli egizi. Questo favorì il nascere di un pensiero concreto e razionale.
Questo pensiero mise in discussione le
credenze e i Miti che fino ad allora avevano tentato di dare una spiegazione o
una giustificazione dei fenomeni naturali e delle passioni umane del loro
tempo.Il Mito è una serie di racconti intrisi di elementi divini tramandati
dalla tradizione orale che voleva spiegare le origine dell’universo, delle cose
e dell’uomo e forniva risposte alle domande di fondo sulla vita e sui fenomeni
della natura.
I primi pensatori, che nella storia
della Filosofia furono poi chiamati “Presocratici” perché prima di Socrate che
iniziò un percorso più preciso nella ricerca della Verità, furono coloro ai
quali le storie dei Miti non soddisfacevano il loro bisogno di rispondere alle
domande: Qual è la vera origine delle cose? Qual è la sostanza di tutte le
cose? Come possiamo spiegare la molteplicità delle cose che esistono in natura?
Cercavano cioè risposte più accettabili dalla ragione e più convincenti, anche
se meno fantastiche.
Possiamo affermare che la preoccupazione
di questi primi filosofi, che sarà poi la preoccupazione di tutti i loro
successori è la ricerca di un Sapere innegabile e incontrovertibile, cioè un
Sapere che sia Vero per se stesso e non per una “convenzione” o per una
adesione emotiva o affettiva a racconti, spesso anche molto poetici, ma tutti
da verificare. In altre parole, e qui sta il grande pregio della Filosofia, essa è nata come disciplina per riconoscere la Verità delle
cose, in contrapposizione o in appoggio a ciò che si crede di sapere
attraverso la tradizione, i racconti e i Miti.
A questo punto conviene analizzare i
concetti che stanno dietro ad alcune parole greche che i filosofi usano come
“strumenti” per la loro ricerca della Verità.
Mýthos
Philosophia
È gioco forza ora riflettere sulla
parola Filosofia (Philosophia, composta da Philèin = amore e Sophia
= sapere). Normalmente la prima spiegazione che si dà è che Filosofia vuol dire
Amore per il Sapere, ma che i greci
intendevano più come avere a cuore il Sapere, aver cura del Sapere, preoccuparsi del vero Sapere.
Filosofia quindi va intesa come la
intendevano i Greci: il prendersi cura o l’avere a cuore (amare – philein), ciò che è nella luce e non può
essere in alcun modo negato. Il Sapere che perseguono i greci è quindi un
sapere che possa contrapporsi a tutto ciò che lo può inquinare e che quindi è
sicuramente incontrovertibile e a maggior ragione Vero.
Alètheia
Da qui la necessità di assaporare il
concetto di Verità e delle due parole che la definiscono: Alètheia ed Epistème.
Alètheia è composto da Letheia che è
il nome di un fiume nascosto, che non si riesce a vedere e il prefisso A, il
suo contrario, quindi Alètheia vuol dire “ciò
che non è nascosto”, ciò che è evidente, ciò che si dona, che si manifesta
perché sta nella luce e che è così evidente da non poter essere negato da nessuno.
Epistème
Epistème invece
è composto da Histemi, stare, porre,
stabilire, con il prefisso Epì che
significa sopra, su. Epistème quindi lo stare (stème) sopra (epì), che
si impone a tutto ciò che pretende negare ciò che sta o è. Riassumendo qui vi é il concetto di Verità come portare alla luce ciò che è nascosto e che si impone come
innegabile, incontrovertibile e stabile
nel tempo.
Physis
Ciò che è innegabile, incontrovertibile
e in grado di controbattere qualsiasi negatore della Verità è quello che i
greci chiamano Physis (pr. Fiusis).
La nostra traduzione in Fisica o in Natura non è quella che loro intendono, essi
con Physis intendono l’Essere, tutto ciò
che è. In effetti la grandezza dei filosofi che si chiamano anche Fisici, è
quella del loro stupore di fronte all’Essere e di fronte all’impossibilità che
esista il nulla. La Physis è un tutto omnicomprensivo, è tutto ciò che esiste,
è la totalità delle cose. La Physis è
l’Essere, è il tutto, ma un tutto che è vivo e animato. Al di là
dell’essere c’è il nulla, ma il nulla è un “non è”. Tutto ciò che può essere è
Physis.
C’è una identità in ogni cosa che è come
un filo conduttore che attraversa tutto l’esistente nonostante ogni cosa e ogni
essere sia distinto dagli altri. Siamo insieme nell’essere, questa è una
identità che ci vede comuni abitatori della Physis. Esiste un tratto identico
in tutte le cose seppur diverse le une dalle altre. Eraclìto infatti affermerà
che “tutte le cose sono uno”, cioè tutte abitatrici del tutto. Tutte le cose
nascono, vivono e muoiono sempre e solo nel tutto. Non esiste nulla nel nulla,
cioè in ciò che non è.
Stoichèion
Stoichèion è un'altra
parola chiave per capire la Filosofia, cioè l’elemento comune, l’identità del
diverso, la sostanza, il segno o sostegno che accomuna tutto ciò che è
contenuto nella Physis. Stoichèion può voler dire anche Segno zodiacale, segno
che sta nel cielo, ma che pur essendo segno di qualcosa, per esempio di una
costellazione, fa parte del firmamento sul quale poggiano tutte le altre
costellazioni, anche se composte da stelle diversissime come lucentezza e forma
e lontanissime fra loro come quelle comprese in una ben definita costellazione.
Stoichèion è il tratto comune di tutte
le cose, l’elemento costitutivo.
Archè
Archè, dal
greco “principio, origine”, termine il cui uso risale ai primordi della
tradizione filosofica. La scuola ionica designa infatti con il nome di Archè
la sostanza primordiale, da cui pensa derivate tutte le cose. Se tutto ciò
che c’è è la Physis e non c’è nulla al di fuori di essa, da che parte viene ciò
che c’è? E dove va quando ha finito il suo ciclo? Qual è il principio da cui le
cose vengono e in cui ritornano?
Lògos
“Lògos” (in greco: λόγος)
deriva dal greco λέγω (légο) che significa scegliere, raccontare,
enumerare, parlare, pensare. I termini latini corrispondenti (ratio, oratio) significano discorso,
apprezzamento, relazione, legame, ragion
d'essere, causa, spiegazione,
enunciato, definizione, argomento, ragionamento, ragione.
Riassumiamo queste parole con il loro
significato:
1.
|
Mythos
|
spiegazione della realtà attraverso racconti, leggende, gesta eroiche
e non, di uomini, semidei e divinità
|
2.
|
Philosophia
|
aver a cuore la conoscenza della Verità e del Sapere
|
3.
|
Alètheia
|
ciò che si manifesta chiaramente
|
4.
|
Epistème
|
ciò che si impone e non si può negare
|
5.
|
Physis
|
il tutto omnicomprensivo di tutto
|
6.
|
Stoichèion
|
è il tratto o segno comune di tutte le cose, l’elemento
costitutivo
|
7.
|
Archè
|
principio di tutte le cose, fine di tutte le cose, ma che
anche lui fa parte della Physis
|
8.
|
Lògos
|
ragion d’essere, spiegazione, causa di tutto, racconto, ecc. (rapporto esatto in matematica)
|
Così Aristotele, a posteriori, ci spiega
il pensiero dei primi filosofi:
<<La maggior parte di coloro che
per primi filosofarono ritennero che i principi di tutte le cose fossero
soltanto quelli di specie materiale. Essi chiamano infatti “elemento”
(Stoichèion) e “principio” (Archè) degli enti, ciò da cui tutti gli enti sono
costituiti, e ciò da cui essi derivano originariamente e in cui si corrompono
da ultimo, in quanto è sostanza che permane mentre le sue affezioni vanno
variando. È per questo motivo, ossia perché questa realtà (Physis) si conserva
sempre, che essi ritengono che nulla si
generi e nulla si distrugga.>>
(dal libro della Metafisica di Aristotele)
Mýthos e Lògos (di Giovanni Reale)
Una tesi molto tradizionale descrive la nascita della filosofia
come un passaggio dal mýthos al lògos. Poiché questi due termini indicano entrambi, in greco, una certa
forma di “parola” o “discorso”, la filosofia sarebbe nata quando
la parola “logica”,
nel senso di “razionale”, ha soppiantato la parola mitica. Infatti
il termine lògos da allora
in poi indica quel particolare tipo di discorso di carattere
razionale che si propone al
consenso di chi lo ascolta perché organizzato in forma
argomentativa.
Non è un caso che lògos significhi anche “proporzione”,
“rapporto esatto” (ad esempio, in matematica): si tratta dunque di un discorso
che esprime contenuti verosimili (proporzionati)
e articolati secondo relazioni ben precise. Il mito,
invece, è la parola magica della rivelazione, della religione, o della
superstizione. Il suo contenuto è costituito da racconti di
carattere fantasioso, inverosimile e sproporzionato, e la sua capacità persuasiva si
fonda su motivazioni estranee alla ragionevolezza di ciò che dice.
Dal mýthos al lògos
Il passaggio dal mýthos al lògos
sembra dunque rappresentare il processo attraverso il quale l’umanità si libera
da un modo ingenuo e infantile di considerare le cose e conquista un
metodo di indagine più maturo e consapevole. Tuttavia, questa
maniera di considerare il
problema è stata più volte messa in discussione. Alcuni storici
hanno osservato che
“mito” è una parola molto particolare, in cui non si distingue
bene la forma dell’espressione
dalla cosa significata. Quando diciamo, ad esempio, che il mito
racconta cose inverosimili,
immaginiamo una situazione in cui chi ascolta la parola mitica si
accorge bene
del fatto che narra cose incredibili, ma vi crede ugualmente per
deferenza verso l’autorità
che la comunica (gli dei o i loro intermediari). Ciò presuppone
nell’uditore l’esistenza
di un criterio razionale per distinguere il vero dal falso,
insieme alla decisione di sospendere
provvisoriamente la sua validità: proprio come fa oggi un
cristiano, che provvisoriamente
sospende la sua fede nelle leggi della natura per credere, in base
alla parola divina,
che durante le nozze di Cana l’acqua è stata trasformata in vino.
Ma si tratta probabilmente
di un atteggiamento troppo moderno perché possa essere attribuito
alla cultura mitica:
il mito, per le sue particolari caratteristiche e per il contesto
in cui veniva pronunciato,
era inteso come parola che dice immediatamente la verità. È
chiaro perciò che la
differenza tra il mito e il lògos non può consistere nel
fatto che il primo racconta delle
storie mentre il secondo persegue la verità, perché il mito aveva
la stessa ambizione del
lògos di dire il vero, e
come tale veniva percepito.
Priorità del lògos
L’ipotesi
che abbiamo appena esposto ha il merito di aver messo in dubbio una
contrapposizione troppo rigida tra mito e filosofia. Ma non è sufficiente a
ribaltare i termini del problema.
La
filosofia occidentale, nel suo più che millenario sviluppo, si è sempre basata
sull’uso
del discorso razionale. Quindi, se anche ci fosse una verità
indipendente da
qualunque
discorso razionale, probabilmente non sarebbe oggetto della filosofia, quanto
piuttosto
della religione o della poesia. La filosofia, al massimo, può riconoscere che
la
parola
mitica non è così irrazionale come si potrebbe pensare; ma anche in questo caso
l’ultima
parola spetta pur sempre al lògos.
Differenza
essenziale tra mýthos e lògos
Se,
come abbiamo detto, sia il mito sia il lògos sono parole di verità,
rimane da stabilire
qual
è la differenza essenziale tra la parola mitica e la parola “logica”. Il
termine mýthos è
connesso
al verbo mýein,
che significa chiudere gli occhi o la bocca. Forzando un po’ questa
connessione
potremmo dire che la parola mitica deve essere ascoltata con la bocca
e
gli occhi chiusi. Chi la riceve non deve preoccuparsi di verificare in prima
persona se
quanto
ha udito corrisponde o no a verità, né ha il diritto di riformularne il
contenuto con
parole
e schemi concettuali propri. Di fronte al mito si è dunque del tutto passivi.
Esattamente
opposto è il significato del lògos. Anche qui possiamo avvalerci
dell’etimologia:
il
termine lògos è in rapporto con il verbo lèghein, che significa
(tra le altre cose) anche raccogliere.
Chi
si attiene al lògos, di conseguenza, deve avere un atteggiamento
attivo verso
la
realtà, più o meno come quello di un “raccoglitore” di funghi: deve osservare
con
attenzione
un certo ambiente, percepirne le differenze, e raccogliere solo quello che gli
interessa.
Ed è ovvio che, per fare questo, deve tenere gli occhi ben aperti.
Il
procedimento del lògos
Che
cosa raccoglie chi esercita il lògos? Raccoglie le identità, le
somiglianze, i caratteri
comuni,
e su questa base formula concetti e teorie in cui la grande massa dei
dati
particolari
viene inserita in categorie universali: come quando si dice, ad esempio, che
tutti
questi animali particolari (cani) appartengono alla stessa specie universale
(il cane).
Il
procedimento ora esposto costituisce l’asse portante su cui la filosofia e la
scienza
occidentali
hanno costruito il loro modo di ragionare e di argomentare. Per dimostrare
in
modo razionale che a un certo ente particolare x (ad esempio, Giovanni)
appartiene
la
qualità y (la capacità di ridere), si individua una classe generale di
oggetti z (gli uomini)
che
hanno tutti in comune il carattere y (la capacità di ridere), per poi
far vedere che
x (Giovanni)
è un caso particolare della classe universale z (gli uomini).
Questo
procedimento
è caratteristico di chi usa il lògos non solo perché chi lo esercita
compie
l’atto
di “raccogliere/riunire”, ma anche perché si serve del discorso e della parola
(che
costituiscono
un altro significato essenziale del termine lògos). Sia l’argomentazione
razionale,
sia le sue conclusioni, in effetti, si esprimono in una serie di proposizioni
articolate (lògoi), ordinate, e connesse tra
loro secondo ben precisi rapporti.
I luoghi
della Filosofia
La
storia ellenica è anche una storia di migrazioni. Intorno al XII secolo a.C. ,
anche in seguito all’invasione dei Dori, nuclei consistenti di stirpi achee
migrano in Asia Minore, dando origine a tre regioni: l’Eolide a
nord, la Ionia al centro, la Doride a sud. Nei secoli VIII e VII
a.C. l’incremento demografico determina un altro massiccio esodo di Greci, la
cosiddetta seconda colonizzazione, guidata in Oriente dalla città
ionica di Mileto e dalla città dorica di Mègara. Questa colonizzazione porterà
alla fondazione di numerose città nella zona degli Stretti e del Mar Nero,
sulle coste della Magna Grecia, della Sicilia, della Francia, della Spagna,
dell’Africa settentrionale.
Riflessioni (di don Claudio Crescimanno)
Tutti i popoli, forse da sempre, analizzavano
i singoli fenomeni, i singoli fattori che influenzavano la loro vita, alle
volte con stupore e meraviglia altre volte con terrore e spavento e comunque
avevano una loro saggezza, una loro sapienza.
La
Filosofia dei greci invece non ha come scopo quello di
acquisire una saggezza o una sapienza, ma è una contemplazione meravigliata di tutti questi fenomeni insieme, una indagine intellettualmente rigorosa e
ragionata per scoprire la Verità. Questa verità viene cercata non
nell’analisi dei singoli fenomeni o problemi esistenziali, ma in una osservazione d’insieme, alla ricerca della causa ultima di tutte le cose.
Questa intuizione dà origine ad un
rapporto nuovo con le cose, con la natura e con gli esseri umani che
caratterizzerà per secoli la nostra cultura occidentale sviluppandosi sempre di
più fino a tutto il medioevo e sarà chiamata Filosofia realista. Filosofia che obbedisce all’intelligenza che
considera la realtà proprio perché c’è. Le cose si impongono perché ci sono.
Noi non fabbrichiamo la realtà ma è essa stessa che si impone a noi. Avverrà
poi qualcosa che farà credere ad un superamento di questa filosofia e ad un suo
abbandono, perché prevarranno le cose fabbricate (poiesis) dall’uomo e verrà data più importanza ad esse e non ci si
meraviglierà più di ciò che esiste, anzi lo si sottometterà alle ideologie che
mammano nasceranno e che decideranno di volta in volta cosa è vero e cosa è
falso, non sulla base della razionale indagine della Physis, ma sulla base del
potere che acquisteranno i sostenitori di queste ideologie.
Tutto
questo creerà grossi squilibri sociali ed esistenziali ai quali si cercherà di
porre rimedio con altre ideologie che rimpiazzeranno le prime e così via.
Appendice
CHE COS’E’
LA FILOSOFIA?
Filosofia significa amore del sapere.
Secondo la tradizione il termine sarebbe una creazione del filosofo Pitagora, vissuto tra il VI e il V secolo a.C.
La parola indica un’aspirazione dell’uomo alla conoscenza vera, tendenza che non può aver fine, perché solo agli dei è concesso il possesso pieno della verità.
Secondo la tradizione il termine sarebbe una creazione del filosofo Pitagora, vissuto tra il VI e il V secolo a.C.
La parola indica un’aspirazione dell’uomo alla conoscenza vera, tendenza che non può aver fine, perché solo agli dei è concesso il possesso pieno della verità.
Ma quando
nasce nell’uomo l’impulso a filosofare? Certamente dopo aver
soddisfatto i bisogni materiali, e dopo che l’uomo ha smesso di
interpretare la realtà e l’esistenza umana attraverso il mito, e ha
cominciato a cercare le cause prime dell’universo. Lo scopo della
filosofia è dunque il desiderio di conoscere la verità. Da
cosa nasce questo bisogno?
Secondo Platone e
Aristotele dalla meraviglia che prova l’uomo quando si pone
davanti all’universo come un Tutto e si chiede quale ne
sia l’origine e il fondamento e quale posto occupi egli stesso in questo universo.
I contenuti della
filosofia sono le domande, le più generali possibili, che l’uomo si pone
per tentare di comprendere la totalità del reale. Domande che riguardano tutti
gli uomini in quanto uomini, che si riferiscono soprattutto ai problemi del conoscere (gnoseologia) e
dell’essere (metafisica): possibilità e limiti della conoscenza
umana; i fondamenti costitutivi dell’universo; qual è il senso della vita
umana? Dio esiste? La vita continua dopo la morte? Che cos’è il bello? Qual è
il retto comportamento? Quali sono le regole del ragionamento? La filosofia si
pone come impostazione unitaria della conoscenza, e come discussione dei suoi
limiti e delle sue possibilità. Da essa in passato sono scaturite le
singole scienze. La filosofia ha ceduto ad esse la trattazione tecnica dei
vari argomenti, ma non la trattazione filosofica, ossia l’esame critico ed
unitario delle conoscenze, che rappresenta in definitiva il nucleo
centrale della cultura. La filosofia mantiene il suo senso anche dopo il
trionfo delle scienze particolari, perché esse rispondono solo a domande sulla
parte e non sul “tutto”. C’è però un punto in comune tra filosofia e religione: quello
di occuparsi di speculazioni riguardo alle quali non è stata finora possibile
una conoscenza definita. Ma perché perdere tempo su tali insolubili problemi? Perché
da quando gli uomini sono diventati capaci di libero pensiero (quindi non
hanno più voluto accettare risposte dogmatiche), le loro azioni sono venute
a dipendere dalle loro teorie sul mondo e sulla vita
umana, su ciò che è bene e ciò che è male (sistema di valori). Insegnare
a vivere senza la certezza e tuttavia senza essere paralizzati dall’esitazione
è forse la funzione principale cui la filosofia può ancora assolvere. Ma
veniamo al metodo che la filosofia segue nelle sue indagini. Essa mira ad
una spiegazione puramente razionale della
totalità (realtà) che vuole indagare. Essa va, con la ragione,
oltre l’esperienza e i fenomeni per trovare le cause della realtà.
A somiglianza delle
scienze particolari propone
asserzioni fondate su criteri generali di conoscenza universalmente accettati e
controllabili. Perciò si può dire che Filosofia e Scienza sono
due facce della medesima razionalità. E sono visioni del mondo mai
definitive, sempre pronte a superarsi di fronte ad una nuova scoperta o ad un
nuovo problema che costringe a rimettere tutto in gioco.
E ancora la razionalità fa
da criterio discriminante tra filosofia da una parte e
arte e religione dall’altra. Perché se è vero che anch’esse
mirano a cogliere la totalità, la prima lo fa attraverso il mito e
la fantasia, la seconda attraverso fede e rivelazione.
La filosofia fu una
creazione greca. Anche i popoli
orientali ebbero una sapienza che tentava di interpretare il senso globale dell’universo
e dell’esistenza umana, ma tale sapienza era intrisa di rappresentazioni
fantastiche e mitiche. I greci introdussero il logos, l’uso esclusivo
della ragione nelle riflessioni sul Tutto. Questa scoperta greca
condizionerà tutta la cultura occidentale.
JOSEPH
RATZINGER e la verità cattolica
Dal Discorso di
Ratisbona al discorso di Verona, Ragione e fede in dialogo (Micromega 2/2000)
Joseph Ratzinger si interroga sul
rapporto tra filosofia e fede, in particolare si chiede se esista una filosofia
aperta alla fede. Egli afferma che, se si tratta la filosofia come una
disciplina accademica tra le altre, allora la fede è di fatto indipendente da
essa, mentre se la si intende in un senso molto più ampio e più rapportato alla
sua origine, allora esiste questo collegamento, questo rapporto tra filosofia e
religione, tra ragione e fede.
Entrambe infatti
riguardano la verità: la domanda della filosofia è se l’uomo può riconoscere la
verità, mentre quella della fede cristiana riguarda la verità su Dio, sul mondo
e sull’uomo. La domanda intorno alla verità risulta essenziale e necessaria per
la filosofia come per la fede cristiana ed è proprio per questo che la fede e
la filosofia hanno l’una a che fare con l’altra. Ratzinger richiama il pensiero
di Agostino il quale rileva che il cristianesimo non è basato su immagini e
presentimenti mitici, ma è connesso a quel divino che può essere
percepito dall’analisi razionale della realtà, in poche parole, si basa sulla
razionalità filosofica.
Tuttavia, afferma
Ratzinger, ai giorni nostri, a seguito della nascita e dello sviluppo della
conoscenza scientifica, la razionalità e il cristianesimo vengono addirittura
considerati come contradditori ed alternativi. La teoria evoluzionistica per
esempio si è andata cristallizzando come la strada per far sparire
definitivamente la metafisica, per rendere superflua l’ipotesi di Dio e
formulare una spiegazione del mondo strettamente scientifica anche se già a
partire dal tardo Medioevo si sono sviluppate “tendenze” che cercano di
distruggere la sintesi che c’è tra lo spirito greco e quello della religione
cristiana. La religione cristiana invece è caratterizzata da due aspetti
importanti: l’amore e la ragione. La fede cristiana in primo luogo, infatti,
afferma che tra lo spirito Creatore ( Dio ) e la ragione creata (l’uomo) esiste
un’analogia. Il Dio che si “mostra” è quindi un Dio-logos, un Dio cioè che
agisce pieno d’amore per la sua creatura, proprio come logos. Nel primo
versetto del Vangelo di Giovanni possiamo trovare chiaramente tale aspetto: “In
principio era il logos, il logos era Dio”. Con il termine “logos” si arriva
dunque alla sintesi di tutte le vie della fede biblica. (ricordiamo che Logos
vuol dire: racconto, pensiero, relazione, legame, ragion d'essere, disegno [Ndr]). Si delinea cioè una
sorta di fusione tra la fede biblica e l’interrogarsi filosofico del pensiero
greco. Ed è forse proprio per questo inscindibile legame che la fede cristiana,
nonostante sia nata in Oriente, ha poi stampato la sua impronta in Europa.
Il problema del rapporto tra scienza e fede è
tuttavia ineludibile. Ratzinger lo affronta a partire dall’idea che
fondamentale per i credenti cristiani è l’incontro con la persona di Gesù
Cristo. Tale incontro avviene ovviamente a livello della ragione, una ragione
che ha “creato” le scienze moderne, come ad esempio la matematica. Le nozioni matematiche
vengono impiegate con lo scopo di individuare le strutture dell’universo che in
questo modo divengono intelligibili: la matematica dunque realizza, esibisce la
corrispondenza tra la ragione umana, soggettiva e la razionalità,
l’intellegibilità della natura. Diventa allora quasi inevitabile per Ratzinger
domandarsi se questo non dimostri l’esistenza di un’unica intelligenza
unitaria, che si esplica nello stesso tempo nell’intelligenza dell’universo e
in quella umana. Sembra a questo punto insostenibile infatti l’ipotesi che
tutto sia nato dal caos e dall’irrazionale.
A questo punto
dunque è possibile secondo Ratzinger “allargare gli spazi” della ragione e
avvicinare tra loro le tre grandi materie dell’umanità ovvero teologia, filosofia e scienza allo
scopo di arrivare a concepire il vero e il bene, proprio partendo dalla
consapevolezza dell’unità di queste tre “elementi”. Questo conduce quindi al
grande compito dell’uomo, ovvero ridare slancio alla cultura del nostro tempo,
senza tralasciare un aspetto importante come la fede cristiana. In qualche modo
speculare al tema del fondamento della scienza è quello del fondamento della
politica.
In occasione
dell’incontro avvenuto con Jürgen Habermas nel gennaio del 2004, Ratzinger,
condividendo la tesi secondo cui la politica ha il compito di controllare il
potere attraverso le leggi, si interroga sulla natura del diritto (delle leggi)
e quindi sul suo fondamento. La questione sembra risolversi sulla base del
principi democratici della rappresentanza e della decisione a maggioranza, ma
proprio quest’ultimo aspetto non riesce a garantire in modo assoluto l’eticità
della legge. Le maggioranze infatti, dice Ratzingher, “possono essere cieche o
ingiuste” e creare norme “illegittime” che non adempiono il compito di
controllare il potere permettendone invece l’abuso. Per il pontefice esiste
allora qualcosa che è sempre legittimo, il diritto naturale,
il quale è sottratto dalla logica delle maggioranze. Esso infatti è la norma
scritta dal Creatore nel cuore dell’uomo che gli permette di distinguere il
bene dal male. E’ perciò un diritto che guarda alla Ragione di Dio, quella
creatrice e, in quanto tale, unica vera legge razionale. La natura, infatti, in
quanto creazione di Dio è razionale. Ma, sostiene Ratzinger, con
l’avvento della teoria evoluzionista si è perduta l’evidenza originaria dei
fondamenti dell’essere umano deviando l’uomo dalla vera razionalità della
natura che è quella del Creatore. Solo nella Chiesa è rimasto il concetto di
diritto naturale, perciò essa è impegnata nel richiamo alla ragione comune che
è quella creatrice con tutte le comunità e le società in vista della
piena consapevolezza del valore inalienabile della legge naturale.
Unico elemento che
esprime il diritto naturale presente nella nostra società sono i diritti umani:
questi sono infatti sottratti dal gioco delle maggioranze e non possono
prescindere dal considerare l’uomo in quanto tale. Il percorso del Viaggio con
i Filosofi ci aiuterà a comprendere appieno quanto qui esposto e riassunto.
Filosofi, dov'è la verità?
(Estratto dall’articolo di Vittorio Possenti,
su Avvenire del 10 maggio 2005)
Osservatori di varia estrazione
sostengono che è in atto un abbandono interno alla Chiesa delle
"prove" della verità del cristianesimo, della sua pretesa alla
verità. A suo parere, si può assegnare validità a tale diagnosi, secondo la
quale la prassi attuale del cattolicesimo riterrebbe secondaria la verità dei
propri contenuti?
«Probabilmente è vero che importanti
settori del cattolicesimo attualmente nel dialogo con i non credenti
accantonino la domanda sulla verità considerandola priva di prospettive e quindi
sterile e vogliano focalizzare il dibattito sull'utilità sociale della fede.
Per specifiche fasi della discussione questo può essere ammesso oppure può
costituire l'unica via percorribile. Ma se complessivamente si volesse lasciar
cadere la pretesa alla verità e in tal modo si intendesse declassare il
cristianesimo da "verità" a (utile) abitudine
("tradizione"), questo significherebbe la rinuncia del cristianesimo
a se stesso. Il cristianesimo sarebbe certo perfettamente inglobato nel sistema
del mondo moderno, però avrebbe perso la sua anima. Dunque Cristo non potrebbe
più dire: "Io sono la verità", ma sarebbe retrocesso all'ordine di
grandezza di un uomo con una significativa esperienza religiosa oppure a quello
di un riformatore della società che purtroppo ha fallito. Del resto la Chiesa
proprio grazie all'altezza della sua pretesa rende un servizio alla società;
essa non permette di rimanere ancorati alle filosofie del consenso o alle
tecniche sociali; la Chiesa ci esorta sempre di nuovo a porci la domanda sulla
verità, solo così la statura dell'uomo può essere preservata».
Come mantenere la pretesa cristiana alla
verità, se si assume che l'idea stessa di verità non sia applicabile alla
religione, la quale verterebbe solo sulla pietà e i costumi ed escluderebbe la
conoscenza?
«Se la fede cristiana è solo una
tradizione religiosa, anche se certamente una tradizione significativa, non è
più comprensibile il motivo per cui dovrebbe essere impartita agli altri. Al
contrario, la verità è per tutti una sola, e se Cristo è la verità, allora
riguarda tutti; allora è una colpa occultarla agli altri. Se si definisce il
cristianesimo una religione europea si dimentica che non è nata in Europa e che
nei primi secoli si è diffuso in modo uniforme sia in Europa sia in Asia; la
missione nestoriana aveva raggiunto l'India e la Cina; l'Armenia e la Georgia
sono antiche terre cristiane. Anche nella penisola arabica c'era una rilevante
presenza di cristiani; presenza che fu notevolmente indebolita dal successo
dell'Islam, ma che ciò nonostante non si riuscì a far scomparire. Oggi
l'opposizione più forte al cristianesimo proviene dall'Europa e dalla sua
filosofia post-cristiana, mentre nei paesi extraeuropei la fede trova un
sostegno sempre più forte. A questo si obietta che il cristianesimo, nella
manifestazione concreta che ha assunto, ha ricevuto la sua impronta soprattutto
dalla filosofia greca e dai suoi sviluppi nel pensiero medievale nonché dal
pensiero europeo moderno, per far derivare da ciò il diffuso postulato della
de-ellenizzazione e del puro ritorno alla Bibbia. In questa prospettiva si
dimentica però in primo luogo che la filosofia greca nell'incontro con il
messaggio cristiano ha subito un profondo processo di ri-fusione. In
opposizione a ciò ci fu una reazione in campo filosofico che si contrappose a
questa trasformazione cristiana e alla nuova sintesi delle culture, con
l'intento di preservare l'elemento autenticamente greco. Ma qui si dimentica
anche che già nell'Antico Testamento ha avuto luogo un incontro tra il pensiero
greco e l'antica tradizione biblica: il processo dell'incontro fra le culture è
quindi già avviato nella Bibbia stessa».
A
proposito di Verità - Medjugorje - 2 Gennaio 2015
Messaggio
a Mirjana della Madonna della Pace
“Cari figli, sono qui in mezzo a voi come Madre che vuole
aiutarvi a conoscere la VERITA’. Mentre vivevo la vostra vita sulla terra, io
avevo la conoscenza della VERITA’ e con ciò un pezzetto di Paradiso sulla
terra. Perciò per voi, miei figli, desidero la stessa cosa. Il Padre Celeste
desidera cuori puri, colmi di conoscenza della VERITA’. Desidera che amiate
tutti coloro che incontrate, perché anch’io amo mio Figlio in tutti voi. Questo
è l’inizio della conoscenza della VERITA’. Vi vengono offerte molte false
verità. Le supererete con un cuore purificato dal digiuno, dalla preghiera,
dalla penitenza e dal Vangelo. Questa è l’unica VERITA’ ed è quella che mio
Figlio vi ha lasciato. Non dovete esaminarla molto: vi è chiesto di amare e di
dare, come ho fatto anch’io. Figli miei, se amate, il vostro cuore sarà una
dimora per mio Figlio e per me. Le parole di mio Figlio saranno la guida della
vostra vita. Figli miei, mi servirò di voi, apostoli dell’amore, per aiutare
tutti i miei figli a conoscere la VERITA’. Figli miei, io ho sempre pregato per
la Chiesa di mio Figlio, perciò prego anche voi di fare lo stesso. Pregate
affinché i vostri pastori risplendano dell’amore di mio Figlio. Vi ringrazio!”
Vita di Joseph Ratzinger
Non fu facile il
periodo della sua giovinezza. La fede e l’educazione della famiglia lo
prepararono ad affrontare la dura esperienza di quei tempi, in cui il regime
nazista manteneva un clima di forte ostilità contro la Chiesa cattolica. Il
giovane Joseph vide come i nazisti colpivano il parroco prima della
celebrazione della Santa Messa. Proprio in tale complessa situazione,
egli ebbe a scoprire la bellezza e la verità della fede in Cristo; un ruolo
fondamentale per questo svolse l’attitudine della sua famiglia, che sempre
dette chiara testimonianza di bontà e di speranza, radicata nella consapevole
appartenenza alla Chiesa.
Negli ultimi mesi
della seconda guerra mondiale fu arruolato nei servizi ausiliari antiaerei. Dal
1946 al 1951 studiò filosofia e teologia nella Scuola superiore di filosofia e
di teologia di Frisinga e nell’università di Monaco di Baviera. Fu ordinato
sacerdote il 29 giugno 1951. Un anno dopo intraprese l’insegnamento nella
Scuola superiore di Frisinga. Nel 1953 divenne dottore in teologia con la tesi
“Popolo e casa di Dio nella dottrina della Chiesa di Sant’Agostino”. Quattro
anni dopo, sotto la direzione del noto professore di teologia fondamentale
Gottlieb Söhngen, ottenne l’abilitazione all’insegnamento con una dissertazione
su: “La teologia della storia di San Bonaventura”.
Dopo aver insegnato
teologia dogmatica e fondamentale nella Scuola superiore di filosofia e
teologia di Frisinga, proseguì la sua attività di docenza a Bonn, dal 1959 al
1963; a Münster, dal 1963 al 1966; e a Tubinga, dal 1966 al 1969. In
quest’ultimo anno divenne cattedratico di dogmatica e storia del dogma
all’Università di Ratisbona, dove ricoprì al tempo stesso l’incarico di
vicepresidente dell’Università. Dal 1962 al 1965 dette un notevole contributo
al Concilio Vaticano II come “esperto”; assistette come consultore teologico
del Cardinale Joseph Frings, Arcivescovo di Colonia.
Un’intensa attività
scientifica lo condusse a svolgere importanti incarichi al servizio della
Conferenza Episcopale Tedesca e nella Commissione Teologica Internazionale. Nel
1972, insieme ad Hans Urs von Balthasar, Henri de Lubac ed altri grandi
teologi, dette inizio alla rivista di teologia “Communio”.
Il 25 marzo del
1977 il Papa Paolo VI lo nominò Arcivescovo di Monaco e Frisinga e ricevette
l’Ordinazione episcopale il 28 maggio. Fu il primo sacerdote diocesano, dopo 80
anni, ad assumere il governo pastorale della grande Arcidiocesi bavarese. Come
motto episcopale scelse “collaboratore della verità”, ed egli stesso ne dette
la spiegazione: “per un verso, mi sembrava che era questo il rapporto esistente
tra il mio precedente compito di professore e la nuova missione. Anche se in
modi diversi, quel che era e continuava a restare in gioco era seguire la
verità, stare al suo servizio. E, d’altra parte, ho scelto questo motto perché
nel mondo di oggi il tema della verità viene quasi totalmente sottaciuto;
appare infatti come qualcosa di troppo grande per l’uomo, nonostante che tutto
si sgretoli se manca la verità”.
Paolo VI lo creò
Cardinale, con il titolo presbiterale di “Santa Maria Consolatrice al
Tiburtino”, nel Concistoro del 27 giugno del medesimo anno. Nel 1978, il
Cardinale Ratzinger prese parte al Conclave, svoltosi dal 25 al 26 agosto, che
elesse Giovanni Paolo I, il quale lo nominò suo Inviato Speciale al III
Congresso mariologico internazionale celebratosi a Guayaquil, in Ecuador, dal
16 al 24 settembre. Nel mese di ottobre dello stesso anno prese parte al
Conclave che elesse Giovanni Paolo II. Fu relatore nella V Assemblea Generale
Ordinaria del Sinodo dei Vescovi del 1980 sul tema: “Missione della famiglia
cristiana nel mondo contemporaneo”, e Presidente delegato della VI Assemblea
Generale Ordinaria del 1983 su “La riconciliazione e la penitenza nella
missione della Chiesa”.
Giovanni Paolo II,
il 25 novembre del 1981, lo nominò Prefetto della Congregazione per la Dottrina
della Fede e Presidente della Pontificia Commissione Biblica e della
Commissione Teologica Internazionale. Il 15 febbraio del 1982 rinunciò al
governo pastorale dell’Arcidiocesi di Monaco e Frisinga; il 5
aprile del 1993 venne elevato dal Pontefice all’Ordine dei Vescovi, e gli fu
assegnata la sede suburbicaria di Velletri - Segni. È stato Presidente della
Commissione per la preparazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, che,
dopo sei anni di lavoro (1986–1992), ha presentato al Santo Padre
il nuovo Catechismo.
Giovanni Paolo II,
il 6 novembre del 1998, approvò la sua elezione a Vice Decano del Collegio
cardinalizio da parte dei Cardinali dell’Ordine dei Vescovi, e, il 30 novembre
del 2002, quella a Decano con la contestuale assegnazione della sede
suburbicaria di Ostia. Fu Inviato Speciale del Papa alle celebrazioni per il
XII centenario dell’erezione della Diocesi di Paderborn, in Germania, che
ebbero luogo il 3 gennaio 1999. Dal 13 novembre del 2000 era Accademico
onorario della Pontificia Accademia delle Scienze.
Nella Curia Romana
è stato membro del Consiglio della Segreteria di Stato per i Rapporti con gli
Stati; delle Congregazioni per le Chiese Orientali, per il Culto Divino e la
Disciplina dei Sacramenti, per i Vescovi, per l’Evangelizzazione dei Popoli,
per l’Educazione Cattolica, per il Clero e delle Cause dei Santi; dei Consigli
Pontifici per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e della Cultura; del
Tribunale Supremo della Segnatura Apostolica; e delle Commissioni Pontificie
per l’America Latina, dell’“Ecclesia Dei”, per l’Interpretazione autentica del
Codice di Diritto Canonico e per la Revisione del Codice di Diritto Canonico
Orientale.
Tra le sue numerose
pubblicazioni, occupa un posto particolare il libro: “Introduzione al Cristianesimo”, silloge di lezioni universitarie
pubblicate nel 1968 sulla professione della fede apostolica; “Dogma e
predicazione” (1973), antologia di saggi, omelie e riflessioni dedicate alla
pastorale.
Ebbe grande eco il
discorso che tenne davanti all’Accademia bavarese sul tema “Perché sono ancora
nella Chiesa” nel quale, con la solita sua chiarezza, affermò: “Solo nella
Chiesa è possibile essere cristiano e non ai margini della Chiesa”.
Continuò ad essere abbondante la serie delle sue pubblicazioni nel corso degli anni, costituendo un punto di riferimento per tante persone, specialmente per quanti volevano approfondire lo studio della teologia. Nel 1985 pubblicò il libro-intervista: “Rapporto sulla fede” e, nel 1996, “Il sale della terra”. Ugualmente, in occasione del suo 70° genetliaco, venne edito il libro: “Alla scuola della verità”, in cui vari autori illustrano diversi aspetti della sua personalità e della sua opera. Numerosi sono i dottorati “honoris causa” che egli ha ricevuto: dal College of St. Thomas in St. Paul (Minnesota, USA) nel 1984; dall’Università cattolica di Lima nel 1986; dall’Università cattolica di Eichstätt nel 1987; dall’Università cattolica di Lublino nel 1988; dall’Università di Navarra (Pamplona, Spagna) nel 1998; dalla Libera Università Maria Santissima Assunta (LUMSA) nel 1999; dalla Facoltà di teologia dell’Università di Breslavia (Polonia) nel 2000.
Continuò ad essere abbondante la serie delle sue pubblicazioni nel corso degli anni, costituendo un punto di riferimento per tante persone, specialmente per quanti volevano approfondire lo studio della teologia. Nel 1985 pubblicò il libro-intervista: “Rapporto sulla fede” e, nel 1996, “Il sale della terra”. Ugualmente, in occasione del suo 70° genetliaco, venne edito il libro: “Alla scuola della verità”, in cui vari autori illustrano diversi aspetti della sua personalità e della sua opera. Numerosi sono i dottorati “honoris causa” che egli ha ricevuto: dal College of St. Thomas in St. Paul (Minnesota, USA) nel 1984; dall’Università cattolica di Lima nel 1986; dall’Università cattolica di Eichstätt nel 1987; dall’Università cattolica di Lublino nel 1988; dall’Università di Navarra (Pamplona, Spagna) nel 1998; dalla Libera Università Maria Santissima Assunta (LUMSA) nel 1999; dalla Facoltà di teologia dell’Università di Breslavia (Polonia) nel 2000.
Eletto Sommo
Pontefice il 19 aprile 2005, Joseph Ratzinger ha assunto il nome di Benedetto
XVI.
L’ 11 febbraio 2013
Benedetto XVI annuncia in Concistoro “di rinunciare al ministero di Vescovo di
Roma”. “Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio –
affermava il Pontefice in quella circostanza –, sono pervenuto alla certezza
che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in
modo adeguato il ministero petrino”. Nel pomeriggio del 28 febbraio, il Papa
lascia in elicottero il Vaticano, diretto a Castel Gandolfo. L’ultima
apparizione pubblica, dalla loggia centrale del Palazzo apostolico di Castel
Gandolfo, avviene subito dopo il suo arrivo nel piccolo centro laziale: “Sono
semplicemente un pellegrino che inizia l’ultima tappa del suo pellegrinaggio in
questa terra”. Dalle ore 20 del 28 febbraio 2013 diviene Papa Emerito.
LE
CATECHESI
La
catechesi tenute ogni mercoledì da Papa Benedetto XVI ai fedeli in Piazza San
Pietro o nell'Aula Paolo VI hanno costituito un importante momento di
formazione per le migliaia di ascoltatori, unendo il rigore scientifico e la
precisione terminologica al linguaggio accessibile e facilmente comprensibile
da tutti. Così Benedetto XVI in questi anni di catechesi ha fatto conoscere ai
fedeli la ricca e variegata storia della Chiesa. Ecco gli Apostoli e i primi
Discepoli, i Padri e i Dottori della Chiesa, l’Apostolo Paolo, via via che il
tempo trascorre ecco emergere figure sconosciute al gran pubblico, come quella
delle donne che hanno plasmato e reso attraente e bello il volto della Chiesa
nello scorrere di questi primi due millenni. Una catechesi che, proprio per la
sua originalità, è ormai ricercata dagli editori di tutto il mondo e tradotta
in tutte le lingue. È da queste catechesi, nonché dalle udienze, dalle omelie e
dagli scritti di Benedetto XVI che è nato questo corso.
I
PENSIERI
"La
Parola di Dio indica all'uomo i sentieri della vita e gli rivela i segreti
della santità". È a partire da questa affermazione di Papa Benedetto XVI
che è nata la collana dei pensieri spirituali, nella convinzione che, come dice
San Gerolamo, "l'ignoranza della
Scrittura è ignoranza di Cristo". I pensieri, tratti dalle omelie,
dagli Angelus e dalle catechesi del mercoledì del Santo Padre, partono
dall’affermazione di Benedetto XVI, secondo il quale "è urgente che sorga una nuova generazione di Apostoli radicati nella
Parola di Cristo, capaci di rispondere alle sfide del nostro tempo e pronti a
diffondere dappertutto il Vangelo". Numerosissimi i temi presentati,
quali: famiglia, sacerdozio, eucaristia, Natale, malattia, giovani, dialogo
interreligioso, ambiente, donna, fede, Concilio Vaticano II, oltre a pensieri
spirituali, mariani, sui Santi e sulla Parola di Dio. Una collana che, nella
semplicità del linguaggio e nella brevità del testo proposto, intende
costituire un aiuto quotidiano per rendere possibile la ricerca del volto del
Signore e affinché, di conseguenza, tutta la vita del cristiano sia orientata a
Lui.
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