giovedì 27 aprile 2017

1t - 1 - Le basi del pensiero greco


Le Slides e la Dispensa


PERCHE' QUESTO CORSO ?





Perchè Benedetto XVI dava così fastidio ?
Risponde Don Agostino Tisselli - 
Tratto da «Il magistero di Benedetto XVI» 2013





















INTRODUZIONE

Il cedimento morale di tanti cristiani, anzi la crisi stessa della Chiesa e delle Istituzioni hanno una causa: l’indebolimento della fede. È impossibile vivere la morale cattolica se non si è più che convinti, e fino in fondo, che Gesù Cristo è il Figlio di Dio e che nel Vangelo è contenuto il progetto divino per l’uomo” (Joseph Ratzinger).
Questo Corso di Filosofia è una iniezione di speranza ed un antidoto al dissolvimento in atto della cultura occidentale nata in Europa e dall’Europa di oggi tradita. Il corso è un  itinerario in quattro tappe, ognuna delle quali prevede da otto a dodici conferenze pubbliche, per conoscere e capire l’intera storia del pensiero filosofico occidentale. Attraverso una metodologia accattivante e con l’ampio ricorso a materiale multimediale esplicativo, per venire incontro in particolar modo a chi non si è mai cimentato con la Filosofia. Vengono riproposte le riflessioni e l’impianto teoretico dei principali filosofi che hanno contribuito alla nascita e allo sviluppo della cultura occidentale. Una panoramica completa, a carattere divulgativo ma non superficiale, destinata a tutti coloro che per responsabilità di educatori o genitori o per semplice curiosità hanno il desiderio di orientarsi in modo consapevole e completo nel vasto scenario del pensiero filosofico. Le varie conferenze, della durata di circa un’ora l’una, rappresentano un’occasione unica per accostarsi in modo piacevole e competente alle idee su cui si fondano la società, la cultura, la religione, la storia e l’identità del mondo occidentale, specialmente in questo momento così difficile di incontro scontro e fusione con altre culture. In questa prima tappa, dal significativo titolo “Il genio dei Greci”, vengono affrontati gli albori e i primi sviluppi del pensiero filosofico: dai primi pensatori, interessati all’indagine intorno ai principi della “natura”, fino alla grande sintesi del pensiero platonico e aristotelico.
Questa iniziativa è stata ispirata dall’impegno pastorale di Benedetto XVI per un recupero della cultura cattolica e delle Radici cristiane dell’Europa. Non a caso in questo difficilissimo periodo storico è salito al soglio pontificio papa Ratzinger, il più importante Filosofo e Teologo dell’età contemporanea.
“Il Cristianesimo ha profondamente modellato questo continente: l’Europa non può e non deve rinnegare le sue Radici Cristiane” (Benedetto XVI)
"È urgente che sorga una nuova generazione di Apostoli radicati nella Parola di Cristo, capaci di rispondere alle sfide del nostro tempo e pronti a diffondere dappertutto il Vangelo" (Benedetto XVI)


IL PIANO COMPLETO DELL’OPERA IN 4 TAPPE

1.   la filosofia greca                     ”Il Genio dei Greci”           (8 lezioni)
2.   la filosofia medioevale          “La luce del Medioevo”     (8 lezioni)
3.   la filosofia moderna               “La Rivoluzione Moderna” (10 lezioni)
4.   la filosofia contemporanea   “L’eclissi del pensiero”     (12 lezioni)
                  

 Come nascono queste dispense


Buona parte di quanto segue consiste in una raccolta di appunti presi durante le Conferenze / Lezioni trasmesse da Tele Umbria dal 2013 al 2015, ampliati, con i contributi anche di altri eminenti filosofi, di articoli di esperti, nonché di molti documenti di Benedetto XVI, commentati e organizzati graficamente e con bibliografie consigliate per ogni argomento. Conoscere e capire il pensiero occidentale è oggi di importanza vitale per aiutare noi e i nostri figli ad affrontare le moderne problematiche di questo nostro mondo occidentale in continua evoluzione e rivoluzione e forse anche a rischio di estinzione.

Gianfausto Fabbrucci – gianfaustofabbrucci@tiscali.it
(autore delle dispense e produttore dell’edizione Multimediale a cui chiedere gratuitamente copia delle singole lezioni in ppt e relative dispense in pdf per uno studio individuale o da videoproiettare in parrocchia o in Associazione).

Prefazione


L’ispirazione di questo corso è nata dall’enciclica di San Giovanni Paolo II  “Fides et Ratio”, data a Roma, presso San Pietro, il 14 settembre, festa della Esaltazione della Santa Croce, dell'anno 1998.

E’ Dio ad aver posto nel cuore dell'uomo il desiderio di conoscere la verità e, in definitiva, di conoscere Lui perché, conoscendolo e amandolo, possa giungere anche alla piena verità su se stesso (cfr Es 33, 18; Sal 27 [26], 8-9; 63 [62], 2-3; Gv 14, 8; 1 Gv 3, 2).

INTRODUZIONE « CONOSCI TE STESSO »
1. Sia in Oriente che in Occidente, è possibile ravvisare un cammino che, nel corso dei secoli, ha portato l'umanità a incontrarsi progressivamente con la verità e a confrontarsi con essa. È un cammino che s'è svolto — né poteva essere altrimenti — entro l'orizzonte dell'autocoscienza personale: più l'uomo conosce la realtà e il mondo e più conosce se stesso nella sua unicità, mentre gli diventa sempre più impellente la domanda sul senso delle cose e della sua stessa esistenza.
Quanto viene a porsi come oggetto della nostra conoscenza diventa per ciò stesso parte della nostra vita. Il monito Conosci te stesso era scolpito sull'architrave del tempio di Delfi, a testimonianza di una verità basilare che deve essere assunta come regola minima da ogni uomo desideroso di distinguersi, in mezzo a tutto il creato, qualificandosi come « uomo » appunto in quanto « conoscitore di se stesso ».
Un semplice sguardo alla storia antica, d'altronde, mostra con chiarezza come in diverse parti della terra, segnate da culture differenti, sorgano nello stesso tempo le domande di fondo che caratterizzano il percorso dell'esistenza umana: chi sono? da dove vengo e dove vado? perché la presenza del male? cosa ci sarà dopo questa vita? Questi interrogativi sono presenti negli scritti sacri di Israele, ma compaiono anche nei Veda non meno che negli Avesta; li troviamo negli scritti di Confucio e Lao-Tze come pure nella predicazione dei Tirthankara e di Buddha; sono ancora essi ad affiorare nei poemi di Omero e nelle tragedie di Euripide e Sofocle come pure nei trattati filosofici di Platone ed Aristotele. Sono domande che hanno la loro comune scaturigine nella richiesta di senso che da sempre urge nel cuore dell'uomo: dalla risposta a tali domande, infatti, dipende l'orientamento da imprimere all'esistenza.

Risposta del cristianesimo: Essere cristiani significa essenzialmente il passaggio dall’essere per se stessi all’essere gli uni per gli altri.

La decisione cristiana fondamentale, l’accettazione dell’essere cristiani, significa il distacco dall’essere centrati sull’ “io” e l’aggancio all’esistenza di Gesù Cristo, che è rivolta al tutto.

Tratto da Joseph Ratzinger, Introduzione al cristianesimo. Lezioni sul simbolo apostolico. Queriniana, Brescia 2007.



LE BASI DEL PENSIERO GRECO


La nascita della filosofia in Grecia è uno degli eventi più decisivi nella storia dell’uomo. Si può dire addirittura che sia il più decisivo e sta alla base dell’intero sviluppo della civiltà occidentale e della sua storia. Le forme di questa civiltà hanno dominato su tutta la terra e hanno determinano anche la nostra esistenza individuale.
La filosofia greca apre lo spazio in cui vengono a muoversi le istituzioni sociali, le élite come le masse, l’arte, la scienza, la religione, l’educazione e il linguaggio con cui la civiltà occidentale esprime il mondo e si confronta con le altre culture.
In questa attuale esperienza di nuove migrazioni di massa il confronto con altre culture è determinante per un dialogo che eviti conflitti e incomprensioni, ma questo è solo possibile se noi conosciamo bene la nostra cultura, cosa che al momento risulta compromessa dall’abbandono esteso dei nostri valori, cioè di cosa potremmo offrire ai nuovi ospiti e di come potremmo arricchirci di valori che loro potrebbero portarci.
Ricominciamo quindi daccapo a studiare sul serio la nostra cultura e la nostra storia per non rimanere vittime di “venti di dottrina”, che come afferma il Papa emerito Benedetto XVI , nascono da ogni dove per confondere l’uomo e allontanarlo dalla Verità.

LA FILOSOFIA NASCE IN GRECIA

La Filosofia nasce in Grecia circa 2.500 anni fa da un bisogno di alcuni pensatori di conoscere la Verità delle cose e dell’uomo, cioè da un bisogno nuovo di conoscere il mondo usando la ragione, cercando con essa l’origine delle cose.
La particolare importanza geografica e commerciale della città di Mileto nello Ionio, cerniera fra Oriente e Occidente, incrocio di culture e di religioni permise ai suoi abitanti di conoscere la cultura astronomica babilonese e la matematica e la geometria degli egizi. Questo favorì il nascere di un pensiero concreto e razionale.
Questo pensiero mise in discussione le credenze e i Miti che fino ad allora avevano tentato di dare una spiegazione o una giustificazione dei fenomeni naturali e delle passioni umane del loro tempo.Il Mito è una serie di racconti intrisi di elementi divini tramandati dalla tradizione orale che voleva spiegare le origine dell’universo, delle cose e dell’uomo e forniva risposte alle domande di fondo sulla vita e sui fenomeni della natura.
I primi pensatori, che nella storia della Filosofia furono poi chiamati “Presocratici” perché prima di Socrate che iniziò un percorso più preciso nella ricerca della Verità, furono coloro ai quali le storie dei Miti non soddisfacevano il loro bisogno di rispondere alle domande: Qual è la vera origine delle cose? Qual è la sostanza di tutte le cose? Come possiamo spiegare la molteplicità delle cose che esistono in natura? Cercavano cioè risposte più accettabili dalla ragione e più convincenti, anche se meno fantastiche.
           
Possiamo affermare che la preoccupazione di questi primi filosofi, che sarà poi la preoccupazione di tutti i loro successori è la ricerca di un Sapere innegabile e incontrovertibile, cioè un Sapere che sia Vero per se stesso e non per una “convenzione” o per una adesione emotiva o affettiva a racconti, spesso anche molto poetici, ma tutti da verificare. In altre parole, e qui sta il grande pregio della Filosofia, essa è nata come disciplina per riconoscere la Verità delle cose, in contrapposizione o in appoggio a ciò che si crede di sapere attraverso la tradizione, i racconti e i Miti.
A questo punto conviene analizzare i concetti che stanno dietro ad alcune parole greche che i filosofi usano come “strumenti” per la loro ricerca della Verità.


Mýthos

thos che sta a significare: parola, sentenza, annunzio, cioè la spiegazione stessa della realtà. I presocratici a questo si contrappongono perché vedono nel Mito quasi una sovrastruttura inventata dall’uomo nella quale riflette la sua cultura, ma che di fatto copre o nasconde la vera realtà della natura, cioè la interpreta ma inficiata dalle sue idee e dalle sue aspettative. Il Senso delle cose nel Mito è prodotto dall’uomo. I primi filosofi, ma poi anche gli altri, invece pretendono che sia la realtà e la sua evidenza che si imponga all’Uomo, che si faccia riconoscere dall’Uomo, per essere considerata Reale e Vera. Il racconto mitologico è di fatto una poesia, cioè un “manufatto” dell’uomo o un prodotto (poiesis) dell’uomo, condiviso da una certa società, ma che non è la realtà.

Philosophia

È gioco forza ora riflettere sulla parola Filosofia (Philosophia, composta da Philèin = amore e Sophia = sapere). Normalmente la prima spiegazione che si dà è che Filosofia vuol dire Amore per il Sapere, ma che i greci intendevano più come avere a cuore il Sapere, aver cura del Sapere, preoccuparsi del vero Sapere.
Esaminiamo ora la parola Sapere (Sophia). Essa contiene al suo interno parte della parola Sapiente (Sophos), parte dell’aggettivo Chiaro, Manifesto, Evidente (Saphes) e parte della parola Luce, Splendore, Foto (Phaos). Da qui se ne ricava che la cura per il Sapere è di fatto la cura per qualcosa di splendido, meraviglioso, stupefacente, cioè che sta nella luce e si impone a noi perché è luce. Luce vera, non artificiale o riflessa come quella costruita dall’uomo per tamponare provvisoriamente un bisogno inconscio di spiegazione.
Filosofia quindi va intesa come la intendevano i Greci: il prendersi cura o l’avere a cuore (amare – philein), ciò che è nella luce e non può essere in alcun modo negato. Il Sapere che perseguono i greci è quindi un sapere che possa contrapporsi a tutto ciò che lo può inquinare e che quindi è sicuramente incontrovertibile e a maggior ragione Vero.

Alètheia

Da qui la necessità di assaporare il concetto di Verità e delle due parole che la definiscono: Alètheia ed Epistème. Alètheia è composto da Letheia che è il nome di un fiume nascosto, che non si riesce a vedere e il prefisso A, il suo contrario, quindi Alètheia vuol dire “ciò che non è nascosto”, ciò che è evidente, ciò che si dona, che si manifesta perché sta nella luce e che è così evidente da non poter essere negato da nessuno.

Epistème

Epistème invece è composto da Histemi, stare, porre, stabilire, con il prefisso Epì che significa sopra, su. Epistème quindi lo stare (stème) sopra (epì), che si impone a tutto ciò che pretende negare ciò che  sta o è. Riassumendo qui vi é il concetto di Verità come portare alla luce ciò che è nascosto e che si impone come innegabile, incontrovertibile e stabile nel tempo.

Physis

Ciò che è innegabile, incontrovertibile e in grado di controbattere qualsiasi negatore della Verità è quello che i greci chiamano Physis (pr. Fiusis). La nostra traduzione in Fisica o in Natura non è quella che loro intendono, essi con Physis intendono l’Essere, tutto ciò che è. In effetti la grandezza dei filosofi che si chiamano anche Fisici, è quella del loro stupore di fronte all’Essere e di fronte all’impossibilità che esista il nulla. La Physis è un tutto omnicomprensivo, è tutto ciò che esiste, è la totalità delle cose. La Physis è l’Essere, è il tutto, ma un tutto che è vivo e animato. Al di là dell’essere c’è il nulla, ma il nulla è un “non è”. Tutto ciò che può essere è Physis.
C’è una identità in ogni cosa che è come un filo conduttore che attraversa tutto l’esistente nonostante ogni cosa e ogni essere sia distinto dagli altri. Siamo insieme nell’essere, questa è una identità che ci vede comuni abitatori della Physis. Esiste un tratto identico in tutte le cose seppur diverse le une dalle altre. Eraclìto infatti affermerà che “tutte le cose sono uno”, cioè tutte abitatrici del tutto. Tutte le cose nascono, vivono e muoiono sempre e solo nel tutto. Non esiste nulla nel nulla, cioè in ciò che non è.

Stoichèion

Stoichèion è un'altra parola chiave per capire la Filosofia, cioè l’elemento comune, l’identità del diverso, la sostanza, il segno o sostegno che accomuna tutto ciò che è contenuto nella Physis. Stoichèion può voler dire anche Segno zodiacale, segno che sta nel cielo, ma che pur essendo segno di qualcosa, per esempio di una costellazione, fa parte del firmamento sul quale poggiano tutte le altre costellazioni, anche se composte da stelle diversissime come lucentezza e forma e lontanissime fra loro come quelle comprese in una ben definita costellazione. Stoichèion è il tratto comune di tutte le cose, l’elemento costitutivo.

Archè

Archè, dal greco “principio, origine”, termine il cui uso risale ai primordi della tradizione filosofica. La scuola ionica designa infatti con il nome di Archè la sostanza primordiale, da cui pensa derivate tutte le cose. Se tutto ciò che c’è è la Physis e non c’è nulla al di fuori di essa, da che parte viene ciò che c’è? E dove va quando ha finito il suo ciclo? Qual è il principio da cui le cose vengono e in cui ritornano?
Questo principio i greci lo chiamano Archè: principio di tutte le cose, unità da cui tutto proviene e nella quale tutto ritorna, principio che non può essere il nulla e quindi è anch’esso parte della Physis. Archè rappresenta ciò che i filosofi cercano. Una metafora che ci può aiutare e quella di immaginare il mare come la Physis, le onde del mare, sempre diverse fra loro, sono le cose esistenti. Queste onde hanno un principio comune da cui si originano e nel quale si sciolgono, cioè il mare. Il mare quindi è l’elemento comune di tutte le onde. Questa è la grandezza di questi pensatori dai quali prende il via tutta la cultura e la sapienza occidentale.

Lògos

Lògos (in greco: λόγος) deriva dal greco λέγω (légο) che significa scegliere, raccontare, enumerare, parlare, pensare. I termini latini corrispondenti (ratio, oratio) significano discorso, apprezzamento, relazione, legame, ragion d'essere, causa, spiegazione, enunciato, definizione, argomento, ragionamento, ragione.

Riassumiamo queste parole con il loro significato:
1.
Mythos
spiegazione della realtà attraverso racconti, leggende, gesta eroiche e non, di uomini, semidei e divinità
2.
Philosophia
aver a cuore la conoscenza della Verità e del      Sapere
3.
Alètheia
ciò che si manifesta chiaramente

4.
Epistème
ciò che si impone e non si può negare

5.
Physis
il tutto omnicomprensivo di tutto

6.
Stoichèion
è il tratto o segno comune di tutte le cose, l’elemento costitutivo
7.
Archè
principio di tutte le cose, fine di tutte le cose, ma che anche lui fa parte della Physis
8.
Lògos
ragion d’essere, spiegazione, causa di tutto, racconto, ecc. (rapporto esatto in matematica)
Così Aristotele, a posteriori, ci spiega il pensiero dei primi filosofi:
<<La maggior parte di coloro che per primi filosofarono ritennero che i principi di tutte le cose fossero soltanto quelli di specie materiale. Essi chiamano infatti “elemento” (Stoichèion) e “principio” (Archè) degli enti, ciò da cui tutti gli enti sono costituiti, e ciò da cui essi derivano originariamente e in cui si corrompono da ultimo, in quanto è sostanza che permane mentre le sue affezioni vanno variando. È per questo motivo, ossia perché questa realtà (Physis) si conserva sempre, che essi  ritengono che nulla si generi e nulla si distrugga.>> (dal libro della Metafisica di Aristotele)

Mýthos e Lògos (di Giovanni Reale)


Una tesi molto tradizionale descrive la nascita della filosofia come un passaggio dal mýthos al lògos. Poiché questi due termini indicano entrambi, in greco, una certa
forma di “parola” o “discorso”, la filosofia sarebbe nata quando la parola “logica”,
nel senso di “razionale”, ha soppiantato la parola mitica. Infatti il termine lògos da allora
in poi indica quel particolare tipo di discorso di carattere razionale che si propone al
consenso di chi lo ascolta perché organizzato in forma argomentativa.
Non è un caso che lògos significhi anche “proporzione”, “rapporto esatto” (ad esempio, in matematica): si tratta dunque di un discorso che esprime contenuti verosimili (proporzionati)
e articolati secondo relazioni ben precise. Il mito, invece, è la parola magica della rivelazione, della religione, o della superstizione. Il suo contenuto è costituito da racconti di
carattere fantasioso, inverosimile e sproporzionato, e la sua capacità persuasiva si
fonda su motivazioni estranee alla ragionevolezza di ciò che dice.

Dal mýthos al lògos

Il passaggio dal mýthos al lògos sembra dunque rappresentare il processo attraverso il quale l’umanità si libera da un modo ingenuo e infantile di considerare le cose e conquista un
metodo di indagine più maturo e consapevole. Tuttavia, questa maniera di considerare il
problema è stata più volte messa in discussione. Alcuni storici hanno osservato che
“mito” è una parola molto particolare, in cui non si distingue bene la forma dell’espressione
dalla cosa significata. Quando diciamo, ad esempio, che il mito racconta cose inverosimili,
immaginiamo una situazione in cui chi ascolta la parola mitica si accorge bene
del fatto che narra cose incredibili, ma vi crede ugualmente per deferenza verso l’autorità
che la comunica (gli dei o i loro intermediari). Ciò presuppone nell’uditore l’esistenza
di un criterio razionale per distinguere il vero dal falso, insieme alla decisione di sospendere
provvisoriamente la sua validità: proprio come fa oggi un cristiano, che provvisoriamente
sospende la sua fede nelle leggi della natura per credere, in base alla parola divina,
che durante le nozze di Cana l’acqua è stata trasformata in vino. Ma si tratta probabilmente
di un atteggiamento troppo moderno perché possa essere attribuito alla cultura mitica:
il mito, per le sue particolari caratteristiche e per il contesto in cui veniva pronunciato,
era inteso come parola che dice immediatamente la verità. È chiaro perciò che la
differenza tra il mito e il lògos non può consistere nel fatto che il primo racconta delle
storie mentre il secondo persegue la verità, perché il mito aveva la stessa ambizione del
lògos di dire il vero, e come tale veniva percepito.

Priorità del lògos
L’ipotesi che abbiamo appena esposto ha il merito di aver messo in dubbio una contrapposizione troppo rigida tra mito e filosofia. Ma non è sufficiente a ribaltare i termini del problema.
La filosofia occidentale, nel suo più che millenario sviluppo, si è sempre basata
sull’uso del discorso razionale. Quindi, se anche ci fosse una verità indipendente da
qualunque discorso razionale, probabilmente non sarebbe oggetto della filosofia, quanto
piuttosto della religione o della poesia. La filosofia, al massimo, può riconoscere che la
parola mitica non è così irrazionale come si potrebbe pensare; ma anche in questo caso
l’ultima parola spetta pur sempre al lògos.

Differenza essenziale tra mýthos e lògos

Se, come abbiamo detto, sia il mito sia il lògos sono parole di verità, rimane da stabilire
qual è la differenza essenziale tra la parola mitica e la parola “logica”. Il termine mýthos è
connesso al verbo mýein, che significa chiudere gli occhi o la bocca. Forzando un po’ questa
connessione potremmo dire che la parola mitica deve essere ascoltata con la bocca
e gli occhi chiusi. Chi la riceve non deve preoccuparsi di verificare in prima persona se
quanto ha udito corrisponde o no a verità, né ha il diritto di riformularne il contenuto con
parole e schemi concettuali propri. Di fronte al mito si è dunque del tutto passivi.
Esattamente opposto è il significato del lògos. Anche qui possiamo avvalerci dell’etimologia:
il termine lògos è in rapporto con il verbo lèghein, che significa (tra le altre cose) anche raccogliere.
Chi si attiene al lògos, di conseguenza, deve avere un atteggiamento attivo verso
la realtà, più o meno come quello di un “raccoglitore” di funghi: deve osservare con
attenzione un certo ambiente, percepirne le differenze, e raccogliere solo quello che gli
interessa. Ed è ovvio che, per fare questo, deve tenere gli occhi ben aperti.

Il procedimento del lògos

Che cosa raccoglie chi esercita il lògos? Raccoglie le identità, le somiglianze, i caratteri
comuni, e su questa base formula concetti e teorie in cui la grande massa dei dati
particolari viene inserita in categorie universali: come quando si dice, ad esempio, che
tutti questi animali particolari (cani) appartengono alla stessa specie universale (il cane).
Il procedimento ora esposto costituisce l’asse portante su cui la filosofia e la scienza
occidentali hanno costruito il loro modo di ragionare e di argomentare. Per dimostrare
in modo razionale che a un certo ente particolare x (ad esempio, Giovanni) appartiene
la qualità y (la capacità di ridere), si individua una classe generale di oggetti z (gli uomini)
che hanno tutti in comune il carattere y (la capacità di ridere), per poi far vedere che
x (Giovanni) è un caso particolare della classe universale z (gli uomini). Questo
procedimento è caratteristico di chi usa il lògos non solo perché chi lo esercita compie
l’atto di “raccogliere/riunire”, ma anche perché si serve del discorso e della parola (che
costituiscono un altro significato essenziale del termine lògos). Sia l’argomentazione
razionale, sia le sue conclusioni, in effetti, si esprimono in una serie di proposizioni
articolate (lògoi), ordinate, e connesse tra loro secondo ben precisi rapporti.


I luoghi della Filosofia



La storia ellenica è anche una storia di migrazioni. Intorno al XII secolo a.C. , anche in seguito all’invasione dei Dori, nuclei consistenti di stirpi achee migrano in Asia Minore, dando origine a tre regioni: l’Eolide a nord, la Ionia al centro, la Doride a sud. Nei secoli VIII e VII a.C. l’incremento demografico determina un altro massiccio esodo di Greci, la cosiddetta seconda colonizzazione, guidata in Oriente dalla città ionica di Mileto e dalla città dorica di Mègara. Questa colonizzazione porterà alla fondazione di numerose città nella zona degli Stretti e del Mar Nero, sulle coste della Magna Grecia, della Sicilia, della Francia, della Spagna, dell’Africa settentrionale.

Riflessioni (di don Claudio Crescimanno)

Tutti i popoli, forse da sempre, analizzavano i singoli fenomeni, i singoli fattori che influenzavano la loro vita, alle volte con stupore e meraviglia altre volte con terrore e spavento e comunque avevano una loro saggezza, una loro sapienza.
La Filosofia dei greci invece non ha come scopo quello di acquisire una saggezza o una sapienza, ma è una contemplazione meravigliata di tutti questi fenomeni insieme, una indagine intellettualmente rigorosa e ragionata per scoprire la Verità. Questa verità viene cercata non nell’analisi dei singoli fenomeni o problemi esistenziali, ma in una osservazione d’insieme, alla ricerca della causa ultima di tutte le cose.
Lo stupore dei greci è lo stupore dell’uomo che scopre la realtà, come un bimbo che fa le sue prime scoperte del mondo in cui è capitato. Lo stupore dei greci è la scoperta che tutte le cose in fondo sono una cosa sola, essi non considerano l’albero come albero, il sasso come sasso, il cane come il cane e l’uomo come l’uomo, ma in quanto tutti questi sono, esistono e hanno qualcosa in comune pur essendo diversissimi fra loro. Tutte queste cose hanno in comune l’essere, l’esistere, mentre non c’è alcuna cosa in comune con il “non essere”. L’esserci delle cose animate e non, è per i greci una meraviglia incommensurabile che affascina e vuole essere capita e indagata.
Questa intuizione dà origine ad un rapporto nuovo con le cose, con la natura e con gli esseri umani che caratterizzerà per secoli la nostra cultura occidentale sviluppandosi sempre di più fino a tutto il medioevo e sarà chiamata Filosofia realista. Filosofia che obbedisce all’intelligenza che considera la realtà proprio  perché c’è. Le cose si impongono perché ci sono. Noi non fabbrichiamo la realtà ma è essa stessa che si impone a noi. Avverrà poi qualcosa che farà credere ad un superamento di questa filosofia e ad un suo abbandono, perché prevarranno le cose fabbricate (poiesis) dall’uomo e verrà data più importanza ad esse e non ci si meraviglierà più di ciò che esiste, anzi lo si sottometterà alle ideologie che mammano nasceranno e che decideranno di volta in volta cosa è vero e cosa è falso, non sulla base della razionale indagine della Physis, ma sulla base del potere che acquisteranno i sostenitori di queste ideologie.
Tutto questo creerà grossi squilibri sociali ed esistenziali ai quali si cercherà di porre rimedio con altre ideologie che rimpiazzeranno le prime e così via. 

Appendice

CHE COS’E’ LA FILOSOFIA?

Filosofia significa amore del sapere.
Secondo la tradizione il termine sarebbe una creazione del filosofo  Pitagora, vissuto tra il  VI e il V secolo a.C.
La parola indica un’aspirazione dell’uomo alla conoscenza vera, tendenza che non può aver fine, perché solo agli dei è concesso il possesso pieno della verità.
Ma quando nasce nell’uomo l’impulso a filosofare? Certamente dopo aver soddisfatto i  bisogni materiali, e dopo che l’uomo ha smesso di interpretare la realtà e l’esistenza umana attraverso il mito, e ha cominciato a cercare le cause prime dell’universo. Lo scopo della filosofia è dunque il  desiderio di conoscere la verità. Da cosa nasce questo bisogno?
Secondo Platone e Aristotele dalla meraviglia che prova l’uomo quando si pone davanti  all’universo come un Tutto e si chiede quale ne sia l’origine e il fondamento e quale posto occupi egli stesso in questo universo.
I contenuti della filosofia sono le domande, le più generali possibili, che l’uomo si pone  per tentare di comprendere la totalità del reale. Domande che riguardano tutti gli uomini in quanto uomini, che si riferiscono soprattutto ai problemi del conoscere (gnoseologia) e dell’essere (metafisica): possibilità e limiti della conoscenza umana; i fondamenti costitutivi dell’universo; qual è il senso della vita umana? Dio esiste? La vita continua dopo la morte? Che cos’è il bello? Qual è il retto comportamento? Quali sono le regole del ragionamento? La filosofia si pone come impostazione unitaria della conoscenza, e come discussione dei suoi limiti e delle sue possibilità. Da essa in passato sono scaturite le singole scienze. La filosofia ha ceduto ad esse la trattazione tecnica dei vari argomenti, ma non la trattazione filosofica, ossia l’esame critico ed unitario delle conoscenze, che rappresenta  in definitiva il nucleo centrale della cultura. La filosofia mantiene il suo senso anche dopo il trionfo delle scienze particolari, perché esse rispondono solo a domande sulla parte e non sul “tutto”. C’è però un punto in comune tra filosofia e religione: quello di occuparsi di speculazioni riguardo alle quali non è stata finora possibile una conoscenza definita. Ma perché perdere tempo su tali insolubili problemi? Perché da quando gli uomini sono diventati capaci di libero pensiero (quindi non hanno  più voluto accettare risposte dogmatiche), le loro azioni sono venute a dipendere dalle loro teorie sul mondo e sulla vita umana, su ciò che è bene e ciò che è male (sistema di valori). Insegnare a vivere senza la certezza e tuttavia senza essere paralizzati dall’esitazione è forse la funzione principale cui la filosofia può ancora assolvere. Ma veniamo al metodo che la filosofia segue nelle sue indagini. Essa mira ad una spiegazione puramente razionale della totalità (realtà) che vuole indagare. Essa va, con la ragione, oltre l’esperienza e i fenomeni per trovare le cause della realtà.
A somiglianza delle scienze particolari propone asserzioni fondate su criteri generali di conoscenza universalmente accettati e controllabili. Perciò si può dire che Filosofia e Scienza sono due facce della medesima razionalità. E sono visioni del mondo  mai definitive, sempre pronte a superarsi di fronte ad una nuova scoperta o ad un nuovo problema che costringe a rimettere tutto in gioco.
E ancora la razionalità  fa da criterio discriminante tra filosofia da una parte   e arte e  religione dall’altra. Perché se è vero che  anch’esse mirano a cogliere la totalità,  la prima lo fa  attraverso il mito e la fantasia, la seconda attraverso  fede e rivelazione.
La filosofia fu una creazione greca. Anche i popoli orientali ebbero una sapienza che tentava di interpretare il senso globale dell’universo e dell’esistenza umana, ma tale sapienza era intrisa di rappresentazioni fantastiche e mitiche. I greci introdussero il logos, l’uso esclusivo della  ragione nelle riflessioni sul Tutto.  Questa scoperta greca condizionerà tutta la cultura occidentale.

JOSEPH  RATZINGER e la verità cattolica

Dal Discorso di Ratisbona al discorso di Verona, Ragione e fede in dialogo (Micromega 2/2000)
Joseph Ratzinger si interroga sul rapporto tra filosofia e fede, in particolare si chiede se esista una filosofia aperta alla fede. Egli afferma che, se si tratta la filosofia come una disciplina accademica tra le altre, allora la fede è di fatto indipendente da essa, mentre se la si intende in un senso molto più ampio e più rapportato alla sua origine, allora esiste questo collegamento, questo rapporto tra filosofia e religione, tra ragione e fede.
Entrambe infatti riguardano la verità: la domanda della filosofia è se l’uomo può riconoscere la verità, mentre quella della fede cristiana riguarda la verità su Dio, sul mondo e sull’uomo. La domanda intorno alla verità risulta essenziale e necessaria per la filosofia come per la fede cristiana ed è proprio per questo che la fede e la filosofia hanno l’una a che fare con l’altra. Ratzinger richiama il pensiero di Agostino il quale rileva che il cristianesimo non è basato su immagini e presentimenti mitici, ma è connesso  a quel divino che può essere percepito dall’analisi razionale della realtà, in poche parole, si basa sulla razionalità filosofica.
La fede cristiana si basa allora sulla conoscenza, venera “quell’essere” che sta a fondamento di tutto ciò che esiste: il Vero Dio. Per questo nel cristianesimo la razionalità è diventata religione; è proprio per la sua serietà morale e per la pretesa di ragionevolezza che il cristianesimo ha vinto su tutte le religioni pagane. Tutti gli uomini per loro natura devono essere cristiani, e questa universalità del cristianesimo, questa forza che ha trasformato il cristianesimo in una religione mondiale è consistita nella sua sintesi tra ragione, fede, vita (religio vera).
Tuttavia, afferma Ratzinger, ai giorni nostri, a seguito della nascita e dello sviluppo della conoscenza scientifica, la razionalità e il cristianesimo vengono addirittura considerati come contradditori ed alternativi. La teoria evoluzionistica per esempio si è andata cristallizzando come la strada per far sparire definitivamente la metafisica, per rendere superflua l’ipotesi di Dio e formulare una spiegazione del mondo strettamente scientifica anche se già a partire  dal tardo Medioevo si sono sviluppate “tendenze” che cercano di distruggere la sintesi che c’è tra lo spirito greco e quello della religione cristiana. La religione cristiana invece è caratterizzata da due aspetti importanti: l’amore e la ragione. La fede cristiana in primo luogo, infatti, afferma che tra lo spirito Creatore ( Dio ) e la ragione creata (l’uomo) esiste un’analogia. Il Dio che si “mostra” è quindi un Dio-logos, un Dio cioè che agisce pieno d’amore per la sua creatura, proprio come logos. Nel primo versetto del Vangelo di Giovanni possiamo trovare chiaramente tale aspetto: “In principio era il logos, il logos era Dio”. Con il termine “logos” si arriva dunque alla sintesi di tutte le vie della fede biblica. (ricordiamo che Logos vuol dire: racconto, pensiero, relazione, legame, ragion d'essere, disegno [Ndr]).  Si delinea cioè una sorta di fusione tra la fede biblica e l’interrogarsi filosofico del pensiero greco. Ed è forse proprio per questo inscindibile legame che la fede cristiana, nonostante sia nata in Oriente, ha poi stampato la sua impronta in Europa.
 Il problema del rapporto tra scienza e fede è tuttavia ineludibile. Ratzinger lo affronta a partire dall’idea che fondamentale per i credenti cristiani è l’incontro con la persona di Gesù Cristo. Tale incontro avviene ovviamente a livello della ragione, una ragione che ha “creato” le scienze moderne, come ad esempio la matematica. Le nozioni matematiche vengono impiegate con lo scopo di individuare le strutture dell’universo che in questo modo divengono intelligibili: la matematica dunque realizza, esibisce la corrispondenza tra la ragione umana, soggettiva e la razionalità, l’intellegibilità della natura. Diventa allora quasi inevitabile per Ratzinger domandarsi se questo non dimostri l’esistenza di un’unica intelligenza unitaria, che si esplica nello stesso tempo nell’intelligenza dell’universo e in quella umana. Sembra a questo punto insostenibile infatti l’ipotesi che tutto sia nato dal caos e dall’irrazionale.
A questo punto dunque è possibile secondo Ratzinger “allargare gli spazi” della ragione e avvicinare tra loro le tre grandi materie dell’umanità ovvero teologia, filosofia e scienza allo scopo di arrivare a concepire il vero e il bene, proprio partendo dalla consapevolezza dell’unità di queste tre “elementi”. Questo conduce quindi al grande compito dell’uomo, ovvero ridare slancio alla cultura del nostro tempo, senza tralasciare un aspetto importante come la fede cristiana. In qualche modo speculare al tema del fondamento della scienza è quello del fondamento della politica.
In occasione dell’incontro avvenuto con Jürgen Habermas nel gennaio del 2004, Ratzinger, condividendo la tesi secondo cui la politica ha il compito di controllare il potere attraverso le leggi, si interroga sulla natura del diritto (delle leggi) e quindi sul suo fondamento. La questione sembra risolversi sulla base del principi democratici della rappresentanza e della decisione a maggioranza, ma proprio quest’ultimo aspetto non riesce a garantire in modo assoluto l’eticità della legge. Le maggioranze infatti, dice Ratzingher, “possono essere cieche o ingiuste” e creare norme “illegittime” che non adempiono il compito di controllare il potere permettendone invece l’abuso. Per il pontefice esiste allora qualcosa che è sempre legittimo, il diritto naturale, il quale è sottratto dalla logica delle maggioranze. Esso infatti è la norma scritta dal Creatore nel cuore dell’uomo che gli permette di distinguere il bene dal male. E’ perciò un diritto che guarda alla Ragione di Dio, quella creatrice e, in quanto tale, unica vera legge razionale. La natura, infatti, in quanto creazione di Dio è razionale. Ma, sostiene Ratzinger,  con l’avvento della teoria evoluzionista si è perduta l’evidenza originaria dei fondamenti dell’essere umano deviando l’uomo dalla vera razionalità della natura che è quella del Creatore. Solo nella Chiesa è rimasto il concetto di diritto naturale, perciò essa è impegnata nel richiamo alla ragione comune che è quella creatrice con tutte le comunità  e le società in vista della piena consapevolezza del valore inalienabile della legge naturale.
Unico elemento che esprime il diritto naturale presente nella nostra società sono i diritti umani: questi sono infatti sottratti dal gioco delle maggioranze e non possono prescindere dal considerare l’uomo in quanto tale. Il percorso del Viaggio con i Filosofi ci aiuterà a comprendere appieno quanto qui esposto e riassunto.

Filosofi, dov'è la verità?

(Estratto dall’articolo di Vittorio Possenti, su Avvenire del 10 maggio 2005)
Ratzinger. In un’intervista del 2001 il futuro Papa lanciava una sfida ai pensatori di oggi: non censurate la questione. «Oggi si sostituisce al vero il consenso. Si valuta il bene e il male in base al principio della maggioranza».
Osservatori di varia estrazione sostengono che è in atto un abbandono interno alla Chiesa delle "prove" della verità del cristianesimo, della sua pretesa alla verità. A suo parere, si può assegnare validità a tale diagnosi, secondo la quale la prassi attuale del cattolicesimo riterrebbe secondaria la verità dei propri contenuti? 
«Probabilmente è vero che importanti settori del cattolicesimo attualmente nel dialogo con i non credenti accantonino la domanda sulla verità considerandola priva di prospettive e quindi sterile e vogliano focalizzare il dibattito sull'utilità sociale della fede. Per specifiche fasi della discussione questo può essere ammesso oppure può costituire l'unica via percorribile. Ma se complessivamente si volesse lasciar cadere la pretesa alla verità e in tal modo si intendesse declassare il cristianesimo da "verità" a (utile) abitudine ("tradizione"), questo significherebbe la rinuncia del cristianesimo a se stesso. Il cristianesimo sarebbe certo perfettamente inglobato nel sistema del mondo moderno, però avrebbe perso la sua anima. Dunque Cristo non potrebbe più dire: "Io sono la verità", ma sarebbe retrocesso all'ordine di grandezza di un uomo con una significativa esperienza religiosa oppure a quello di un riformatore della società che purtroppo ha fallito. Del resto la Chiesa proprio grazie all'altezza della sua pretesa rende un servizio alla società; essa non permette di rimanere ancorati alle filosofie del consenso o alle tecniche sociali; la Chiesa ci esorta sempre di nuovo a porci la domanda sulla verità, solo così la statura dell'uomo può essere preservata». 
Come mantenere la pretesa cristiana alla verità, se si assume che l'idea stessa di verità non sia applicabile alla religione, la quale verterebbe solo sulla pietà e i costumi ed escluderebbe la conoscenza? 
«Se la fede cristiana è solo una tradizione religiosa, anche se certamente una tradizione significativa, non è più comprensibile il motivo per cui dovrebbe essere impartita agli altri. Al contrario, la verità è per tutti una sola, e se Cristo è la verità, allora riguarda tutti; allora è una colpa occultarla agli altri. Se si definisce il cristianesimo una religione europea si dimentica che non è nata in Europa e che nei primi secoli si è diffuso in modo uniforme sia in Europa sia in Asia; la missione nestoriana aveva raggiunto l'India e la Cina; l'Armenia e la Georgia sono antiche terre cristiane. Anche nella penisola arabica c'era una rilevante presenza di cristiani; presenza che fu notevolmente indebolita dal successo dell'Islam, ma che ciò nonostante non si riuscì a far scomparire. Oggi l'opposizione più forte al cristianesimo proviene dall'Europa e dalla sua filosofia post-cristiana, mentre nei paesi extraeuropei la fede trova un sostegno sempre più forte. A questo si obietta che il cristianesimo, nella manifestazione concreta che ha assunto, ha ricevuto la sua impronta soprattutto dalla filosofia greca e dai suoi sviluppi nel pensiero medievale nonché dal pensiero europeo moderno, per far derivare da ciò il diffuso postulato della de-ellenizzazione e del puro ritorno alla Bibbia. In questa prospettiva si dimentica però in primo luogo che la filosofia greca nell'incontro con il messaggio cristiano ha subito un profondo processo di ri-fusione. In opposizione a ciò ci fu una reazione in campo filosofico che si contrappose a questa trasformazione cristiana e alla nuova sintesi delle culture, con l'intento di preservare l'elemento autenticamente greco. Ma qui si dimentica anche che già nell'Antico Testamento ha avuto luogo un incontro tra il pensiero greco e l'antica tradizione biblica: il processo dell'incontro fra le culture è quindi già avviato nella Bibbia stessa».

A proposito di Verità - Medjugorje - 2 Gennaio 2015 

Messaggio a Mirjana della Madonna della Pace
“Cari figli, sono qui in mezzo a voi come Madre che vuole aiutarvi a conoscere la VERITA’. Mentre vivevo la vostra vita sulla terra, io avevo la conoscenza della VERITA’ e con ciò un pezzetto di Paradiso sulla terra. Perciò per voi, miei figli, desidero la stessa cosa. Il Padre Celeste desidera cuori puri, colmi di conoscenza della VERITA’. Desidera che amiate tutti coloro che incontrate, perché anch’io amo mio Figlio in tutti voi. Questo è l’inizio della conoscenza della VERITA’. Vi vengono offerte molte false verità. Le supererete con un cuore purificato dal digiuno, dalla preghiera, dalla penitenza e dal Vangelo. Questa è l’unica VERITA’ ed è quella che mio Figlio vi ha lasciato. Non dovete esaminarla molto: vi è chiesto di amare e di dare, come ho fatto anch’io. Figli miei, se amate, il vostro cuore sarà una dimora per mio Figlio e per me. Le parole di mio Figlio saranno la guida della vostra vita. Figli miei, mi servirò di voi, apostoli dell’amore, per aiutare tutti i miei figli a conoscere la VERITA’. Figli miei, io ho sempre pregato per la Chiesa di mio Figlio, perciò prego anche voi di fare lo stesso. Pregate affinché i vostri pastori risplendano dell’amore di mio Figlio. Vi ringrazio!”

Vita di Joseph Ratzinger

Joseph Ratzinger è nato a Marktl am Inn, diocesi di Passau (Germania), il 16  aprile del 1927 (Sabato Santo), e battezzato lo stesso giorno. Il padre, Commissario di polizia, proveniva da un’antica famiglia di agricoltori della Bassa Baviera, di condizioni economiche piuttosto modeste. La madre era figlia di artigiani di Rimsting, sul lago Chiem, e prima di sposarsi aveva lavorato come cuoca in vari hotels. Trascorse l’infanzia e l’adolescenza in Traunstein, piccola località vicina alla frontiera con l’Austria, a 30 km. da Salisburgo. In questo contesto, che egli stesso ha definito “mozartiano”, ricevette  la sua formazione cristiana, umana e culturale.
Non fu facile il periodo della sua giovinezza. La fede e l’educazione della famiglia lo prepararono ad affrontare la dura esperienza di quei tempi, in cui il regime nazista manteneva un clima di forte ostilità contro la Chiesa cattolica. Il giovane Joseph vide come i nazisti colpivano il parroco prima della celebrazione della Santa Messa.  Proprio in tale complessa situazione, egli ebbe a scoprire la bellezza e la verità della fede in Cristo; un ruolo fondamentale per questo svolse l’attitudine della sua famiglia, che sempre dette chiara testimonianza di bontà e di speranza, radicata nella consapevole appartenenza alla Chiesa.
Negli ultimi mesi della seconda guerra mondiale fu arruolato nei servizi ausiliari antiaerei. Dal 1946 al 1951 studiò filosofia e teologia nella Scuola superiore di filosofia e di teologia di Frisinga e nell’università di Monaco di Baviera. Fu ordinato sacerdote il 29 giugno 1951. Un anno dopo intraprese l’insegnamento nella Scuola superiore di Frisinga. Nel 1953 divenne dottore in teologia con la tesi “Popolo e casa di Dio nella dottrina della Chiesa di Sant’Agostino”. Quattro anni dopo, sotto la direzione del noto professore di teologia fondamentale Gottlieb Söhngen, ottenne l’abilitazione all’insegnamento con una dissertazione su: “La teologia della storia di San Bonaventura”.
Dopo aver insegnato teologia dogmatica e fondamentale nella Scuola superiore di filosofia e teologia di Frisinga, proseguì la sua attività di docenza a Bonn, dal 1959 al 1963; a Münster, dal 1963 al 1966; e a Tubinga, dal 1966 al 1969. In quest’ultimo anno divenne cattedratico di dogmatica e storia del dogma all’Università di Ratisbona, dove ricoprì al tempo stesso l’incarico di vicepresidente dell’Università. Dal 1962 al 1965 dette un notevole contributo al Concilio Vaticano II come “esperto”; assistette come consultore teologico del Cardinale Joseph Frings, Arcivescovo di Colonia.
Un’intensa attività scientifica lo condusse a svolgere importanti incarichi al servizio della Conferenza Episcopale Tedesca e nella Commissione Teologica Internazionale. Nel 1972, insieme ad Hans Urs von Balthasar, Henri de Lubac ed altri grandi teologi, dette inizio alla rivista di teologia “Communio”.
Il 25 marzo del 1977 il Papa Paolo VI lo nominò Arcivescovo di Monaco e Frisinga e ricevette l’Ordinazione episcopale il 28 maggio. Fu il primo sacerdote diocesano, dopo 80 anni, ad assumere il governo pastorale della grande Arcidiocesi bavarese. Come motto episcopale scelse “collaboratore della verità”, ed egli stesso ne dette la spiegazione: “per un verso, mi sembrava che era questo il rapporto esistente tra il mio precedente compito di professore e la nuova missione. Anche se in modi diversi, quel che era e continuava a restare in gioco era seguire la verità, stare al suo servizio. E, d’altra parte, ho scelto questo motto perché nel mondo di oggi il tema della verità viene quasi totalmente sottaciuto; appare infatti come qualcosa di troppo grande per l’uomo, nonostante che tutto si sgretoli se manca la verità”.
Paolo VI lo creò Cardinale, con il titolo presbiterale di “Santa Maria Consolatrice al Tiburtino”, nel Concistoro del 27 giugno del medesimo anno. Nel 1978, il Cardinale Ratzinger prese parte al Conclave, svoltosi dal 25 al 26 agosto, che elesse Giovanni Paolo I, il quale lo nominò suo Inviato Speciale al III Congresso mariologico internazionale celebratosi a Guayaquil, in Ecuador, dal 16 al 24 settembre. Nel mese di ottobre dello stesso anno prese parte al Conclave che elesse Giovanni Paolo II. Fu relatore nella V Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi del 1980 sul tema: “Missione della famiglia cristiana nel mondo contemporaneo”, e Presidente delegato della VI Assemblea Generale Ordinaria del 1983 su “La riconciliazione e la penitenza nella missione della Chiesa”.
Giovanni Paolo II, il 25 novembre del 1981, lo nominò Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e Presidente della Pontificia Commissione Biblica e della Commissione Teologica Internazionale. Il 15 febbraio del 1982 rinunciò al governo pastorale dell’Arcidiocesi di  Monaco e Frisinga;  il 5 aprile del 1993 venne elevato dal Pontefice all’Ordine dei Vescovi, e gli fu assegnata la sede suburbicaria di Velletri - Segni. È stato Presidente della Commissione per la preparazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, che, dopo sei anni di lavoro (1986–1992), ha presentato al  Santo Padre  il nuovo Catechismo.
Giovanni Paolo II, il 6 novembre del 1998, approvò la sua elezione a Vice Decano del Collegio cardinalizio da parte dei Cardinali dell’Ordine dei Vescovi, e, il 30 novembre del 2002,  quella a Decano con la contestuale assegnazione della sede suburbicaria di Ostia. Fu Inviato Speciale del Papa alle celebrazioni per il XII centenario dell’erezione della Diocesi di Paderborn, in Germania, che ebbero luogo il 3 gennaio 1999. Dal 13 novembre del 2000 era Accademico onorario della Pontificia Accademia delle Scienze.
Nella Curia Romana è stato membro del Consiglio della Segreteria di Stato per i Rapporti con gli Stati; delle Congregazioni per le Chiese Orientali, per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, per i Vescovi, per l’Evangelizzazione dei Popoli, per l’Educazione Cattolica, per il Clero e delle Cause dei Santi; dei Consigli Pontifici per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e della Cultura; del Tribunale Supremo della Segnatura Apostolica; e delle Commissioni Pontificie per l’America Latina, dell’“Ecclesia Dei”, per l’Interpretazione autentica del Codice di Diritto Canonico e per la Revisione del Codice di Diritto Canonico Orientale.
Tra le sue numerose pubblicazioni, occupa un posto particolare il libro: “Introduzione al Cristianesimo”, silloge di lezioni universitarie pubblicate nel 1968 sulla professione della fede apostolica; “Dogma e predicazione” (1973), antologia di saggi, omelie e riflessioni dedicate alla pastorale.
Ebbe grande eco il discorso che tenne davanti all’Accademia bavarese sul tema “Perché sono ancora nella Chiesa” nel quale, con la solita sua chiarezza, affermò: “Solo nella Chiesa è possibile essere cristiano e non ai margini della Chiesa”.
Continuò ad essere abbondante la serie delle sue pubblicazioni nel corso degli anni, costituendo un punto di riferimento per tante persone, specialmente per  quanti volevano approfondire lo studio della teologia. Nel 1985 pubblicò il libro-intervista: “Rapporto sulla fede” e, nel 1996, “Il sale della terra”. Ugualmente, in occasione del suo 70° genetliaco, venne edito il libro: “Alla scuola della verità”, in cui vari autori illustrano diversi aspetti della sua personalità e della sua opera. Numerosi sono i dottorati “honoris causa” che egli ha ricevuto: dal College of St. Thomas in St. Paul (Minnesota, USA) nel 1984; dall’Università cattolica di Lima nel 1986; dall’Università cattolica di Eichstätt nel 1987; dall’Università cattolica di Lublino nel 1988; dall’Università di Navarra (Pamplona, Spagna) nel 1998; dalla Libera Università Maria Santissima Assunta (LUMSA) nel 1999; dalla Facoltà di teologia dell’Università di Breslavia (Polonia) nel 2000.
Eletto Sommo Pontefice il 19 aprile 2005, Joseph Ratzinger ha assunto il nome di Benedetto XVI.
L’ 11 febbraio 2013 Benedetto XVI annuncia in Concistoro “di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma”. “Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio – affermava il Pontefice in quella circostanza –, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino”. Nel pomeriggio del 28 febbraio, il Papa lascia in elicottero il Vaticano, diretto a Castel Gandolfo. L’ultima apparizione pubblica, dalla loggia centrale del Palazzo apostolico di Castel Gandolfo, avviene subito dopo il suo arrivo nel piccolo centro laziale: “Sono semplicemente un pellegrino che inizia l’ultima tappa del suo pellegrinaggio in questa terra”. Dalle ore 20 del 28 febbraio 2013 diviene Papa Emerito.
LE CATECHESI
La catechesi tenute ogni mercoledì da Papa Benedetto XVI ai fedeli in Piazza San Pietro o nell'Aula Paolo VI hanno costituito un importante momento di formazione per le migliaia di ascoltatori, unendo il rigore scientifico e la precisione terminologica al linguaggio accessibile e facilmente comprensibile da tutti. Così Benedetto XVI in questi anni di catechesi ha fatto conoscere ai fedeli la ricca e variegata storia della Chiesa. Ecco gli Apostoli e i primi Discepoli, i Padri e i Dottori della Chiesa, l’Apostolo Paolo, via via che il tempo trascorre ecco emergere figure sconosciute al gran pubblico, come quella delle donne che hanno plasmato e reso attraente e bello il volto della Chiesa nello scorrere di questi primi due millenni. Una catechesi che, proprio per la sua originalità, è ormai ricercata dagli editori di tutto il mondo e tradotta in tutte le lingue. È da queste catechesi, nonché dalle udienze, dalle omelie e dagli scritti di Benedetto XVI che è nato questo corso.


 I PENSIERI
"La Parola di Dio indica all'uomo i sentieri della vita e gli rivela i segreti della santità". È a partire da questa affermazione di Papa Benedetto XVI che è nata la collana dei pensieri spirituali, nella convinzione che, come dice San Gerolamo, "l'ignoranza della Scrittura è ignoranza di Cristo". I pensieri, tratti dalle omelie, dagli Angelus e dalle catechesi del mercoledì del Santo Padre, partono dall’affermazione di Benedetto XVI, secondo il quale "è urgente che sorga una nuova generazione di Apostoli radicati nella Parola di Cristo, capaci di rispondere alle sfide del nostro tempo e pronti a diffondere dappertutto il Vangelo". Numerosissimi i temi presentati, quali: famiglia, sacerdozio, eucaristia, Natale, malattia, giovani, dialogo interreligioso, ambiente, donna, fede, Concilio Vaticano II, oltre a pensieri spirituali, mariani, sui Santi e sulla Parola di Dio. Una collana che, nella semplicità del linguaggio e nella brevità del testo proposto, intende costituire un aiuto quotidiano per rendere possibile la ricerca del volto del Signore e affinché, di conseguenza, tutta la vita del cristiano sia orientata a Lui. 


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